23/11/2010, 00.00
INDIA
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Orissa, continuano le persecuzioni e le minacce contro i cristiani

di Nirmala Carvalho
Le autorità non hanno ancora risposto alla richiesta di garantire la sicurezza delle celebrazioni natalizie. Senza casa 16mila famiglie, e in 20 villaggi i cristiani possono rientrare solo se si riconvertono all’induismo. La denuncia dell’arcivescovo Cheenath.

Mumbai (AsiaNews) – I cristiani dell’Orissa, a due anni di distanza dai pogrom sanguinosi vivono ancora in uno stato di insicurezza e pericolo. “I cristiani del Kandhamal vivono ancora in una situazione di discriminazione. Talvolta persino i rifornimenti alimentari governativi, e altri beni che dovrebbero essere distribuiti fra tutti i poveri non vengono consegnati ai cristiani. In alcuni villaggi ai bambini cristiani non è consentito l’accesso alle scuole governative. Inoltre alcuni testimoni sono stati minacciati affinché non si presentassero nei tribunali per raccontare di ciò che hanno visto durante i pogrom” hanno detto fonti anonime ad AsiaNews. Un altro segnale che è stato visto dai cristiani come poco incoraggiante è il fatto che l’alta Corte dell’Orissa ha concesso la libertà su cauzione a Aruna Suresh, un uomo politico del Bjp, il partito nazionalista indù, che era in prigione da settembre, dopo che una corte di primo grado nel distretto di Phulabani l’aveva giudicato colpevole di omicidio nei confronti di un giovane, Manoj Pradhan, nelle violenze dell’agosto 2008.

Preoccupazione è anche espressa dall’arcivescovo Raphael Cheenath della diocesi di Cuttack-Bhubaneswar. “Tempo fa c’è stato un incontro fra leader cristiani e indù e si è giunti a un accordo, in modo che fosse possibile celebrare feste religiose e liturgie, e perciò da allora in molte parrocchie ci sono state processioni nei villaggi,  ed è stato possibile celebrare la festa di Cristo Re. E’ stata la prima volta dal tempo in cui ci sono stati attacchi contro i cristiani in Orissa. Quest’anno, anche se abbiamo chiesto formalmente alle autorità di garantire la sicurezza in tutte le chiese e istituzioni per la celebrazione del Natale, ancora non abbiamo avuto risposta”.

L’arcivescovo ha descritto così la situazione nello Stato: “Non c’è violenza, ma non c’è nemmeno pace. Circa 16mila famiglie non hanno casa, e ai cristiani non è permesso tornare in 20 villaggi, a meno che non si riconvertano all’induismo. Così la paura colpisce ancora la nostra gente. In molti villaggi del distretto di Kandhamal i nostri cristiani vivono maltrattamenti e umiliazioni ogni giorno. Non viene loro permesso di prendere acqua dal pozzo del villaggio, raccogliere legna da ardere, comprare cibo dai negozi. Le autorità non fanno nulla per prevenire questi maltrattamenti, anche se abbiamo fatto denunce. Il loro silenzio è inquietante”. L’arcivescovo ha aggiunto: “Stiamo cercando di creare un qualche tipo di rapporto fra i fondamentalisti che ci hanno attaccato, e le comunità cristiane che vivono ancora nella paura”.

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