28/05/2014, 00.00
VATICANO
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Papa: "chiedo perdono per ciò che abbiamo fatto" per favorire la divisione tra i cristiani

All'udienza generale Francesco ripercorre le tappe del viaggio in Terra Santa. Unirsi alla preghiera per la pace dei presidenti di Israele e Palestina. Dio benedica il popolo giordano per la generosa assistenza ai profughi. Le comunità cristiane, "che soffrono tanto". "La gratitudine di tutta la Chiesa per la presenza dei cristiani in quella zona e in tutto il Medio Oriente".

Città del Vaticano (AsiaNews) - "Sanare le ferite ancora aperte" tra i cristiani, "incoraggiare" il cammino di pace e "confermare nella fede le comunità cristiane, che soffrono tanto, ed esprimere la gratitudine di tutta la Chiesa per la presenza dei cristiani in quella zona e in tutto il Medio Oriente". Papa Francesco ha dedicato all'appena compiuto pellegrinaggio in Giordania, Palestina e Israele il discorso che ha rivolto alle 40mila persone presenti in piazza san Pietro per l'udienza generale, nel corso del quale ha rinnovato la richiesta di "perdono per quello che noi abbiamo fatto per favorire questa divisione" tra i cristiani e ha chiesto di unirsi alla preghiera per la pace con i presidenti di Israele e Palestina.

Il Papa che già ieri si era recato nella basilica di Santa Maria Maggiore per ringraziare la Madonna per il buon esito del pellegrinaggio ha in particolare chiesto ai fedeli di unirsi alla preghiera per la pace in Medio Oriente nella quale i presidenti di Israele e Palestina si uniranno al Papa, in Vaticano. "Per favore - ha detto - vi chiedo a voi di non lasciarci soli, voi pregate, pregate tanto perché il Signore ci dia la pace in quella Terra benedetta. Conto sulle vostre preghiere, pregate, pregate tanto".

"Lo scopo principale di questo pellegrinaggio - aveva detto poco prima - è stato commemorare il 50mo  anniversario dello storico incontro tra il Papa Paolo VI e il Patriarca Atenagora. Fu quella la prima volta in cui un Successore di Pietro visitò la Terra Santa: Paolo VI inaugurava così, durante il Concilio Vaticano II, i viaggi extra-italiani dei Papi nell'epoca contemporanea. Quel gesto profetico del Vescovo di Roma e del Patriarca di Costantinopoli ha posto una pietra miliare nel cammino sofferto ma promettente dell'unità di tutti i cristiani, che da allora ha compiuto passi rilevanti. Perciò il mio incontro con Sua Santità Bartolomeo, amato fratello in Cristo, ha rappresentato il momento culminante della visita. Insieme abbiamo pregato presso il Sepolcro di Gesù, e con noi c'erano il Patriarca Greco-Ortodosso di Gerusalemme Theophilos III e il Patriarca Armeno Apostolico Nourhan, oltre ad Arcivescovi e Vescovi di diverse Chiese e Comunità, Autorità civili e molti fedeli. In quel luogo dove risuonò l'annuncio della Risurrezione, abbiamo avvertito tutta l'amarezza e la sofferenza delle divisioni che ancora esistono tra i discepoli di Cristo amarezza e sofferenza, e davvero questo fa tanto male, male al cuore, simo divisi ancora. In quel posto dove proprio è risuonato l'annuncio della Risurrezione, dove Gesù ci dà la vita, ancora noi siamo un po' divisi, ma soprattutto, in quella celebrazione carica di reciproca fraternità, di stima e di affetto, abbiamo sentito forte la voce del Buon Pastore Risorto che vuole fare di tutte le sue pecore un solo gregge; abbiamo sentito il desiderio di sanare le ferite ancora aperte e proseguire con tenacia il cammino verso la piena comunione". "Una volta in più, come hanno fatto i Papi precedenti, io chiedo perdono per quello che noi abbiamo fatto per favorire questa divisione e chiedo allo Spirito Santo ci aiuti a risanare le ferite che noi abbiamo fatto agli altri fratelli. Tutti siamo fratelli in Cristo e col Patriarca Bartolomeo siamo amici, fratelli, e abbiamo condiviso la voglia di camminare insieme, fare tutto quello che da oggi possiamo fare: pregare insieme, lavorare insieme per il gregge di Dio, cercare la pace, custodire il creato, tante cose che abbiamo in comune. E come fratelli dobbiamo andare avanti".

Altro scopo del viaggio è stato portare un incoraggiamento "per il cammino verso la pace" che è, "allo stesso tempo dono di Dio e impegno degli uomini". "L'ho fatto in Giordania, in Palestina, in Israele. E l'ho fatto sempre come pellegrino, nel nome di Dio e dell'uomo, portando nel cuore una grande compassione per i figli di quella Terra che da troppo tempo convivono con la guerra e hanno il diritto di conoscere finalmente giorni di pace! Per questo ho esortato i fedeli cristiani a lasciarsi 'ungere' con cuore aperto e docile dallo Spirito Santo, per essere sempre più capaci di gesti di umiltà, di fratellanza e di riconciliazione". "Umiltà, fratellanza, riconciliazione": lo Spirito permette di assumere questi atteggiamenti nella vita quotidiana, con persone di diverse culture e religioni, e così di diventare artigiani' della pace". La pace si fa artigianalmente. Non ci sono industrie di pace, no. Si fa ogni giorno, artigianalmente e anche col cuore aperto perché venga il dono di Dio. Per questo ho esortato i fedeli cristiani a lasciarsi 'ungere'".

"In Giordania ho ringraziato le autorità e il popolo per il loro impegno nell'accoglienza di numerosi profughi provenienti dalle zone di guerra, un impegno umanitario che merita e richiede il sostegno costante della comunità internazionale. Sono stato colpito dalla generosità del popolo giordano per l'accoglienza dei profughi, tanti che fuggono dalla guerra, in quella zona. Che il Signore benedica questo popolo accogliente, lo benedica tanto. E noi dobbiamo pregare perché il Signore benedica questa accoglienza e chiedere a tutte le istituzioni internazionali di aiutare questo popolo in questo lavoro di accoglienza che fa".

"Durante il pellegrinaggio anche in altri luoghi ho incoraggiato le Autorità interessate a proseguire gli sforzi per stemperare le tensioni nell'area medio-orientale, soprattutto nella martoriata Siria, come pure a continuare nella ricerca di un'equa soluzione al conflitto israeliano-palestinese. Per questo ho invitato il presidente di Israele e il presidente della Palestina, uomini ambedue di pace e artefici di pace, a venire in Vaticano a pregare insieme con me per la pace". "E per favore, chiedo a voi, di non lasciarci soli: voi pregate, pregate tanto perché il Signore ci dia la pace, ci dia la pace in quella terra benedetta! Conto sulle vostre preghiere. Forte, pregate, in questo tempo, pregate tanto perché venga la pace".

"Questo pellegrinaggio in Terra Santa è stato anche l'occasione per confermare nella fede le comunità cristiane, che soffrono tanto, ed esprimere la gratitudine di tutta la Chiesa per la presenza dei cristiani in quella zona e in tutto il Medio Oriente. Questi nostri fratelli sono coraggiosi testimoni di speranza e di carità, 'sale e luce' in quella Terra. Con la loro vita di fede e di preghiera e con l'apprezzata attività educativa e assistenziale, essi operano in favore della riconciliazione e del perdono, contribuendo al bene comune della società".

Il viaggio è stato anche un modo di "portare una parola di speranza, ma l'ho anche ricevuta a mia volta! L'ho ricevuta da fratelli e sorelle che sperano 'contro ogni speranza', attraverso tante sofferenze, come quelle di chi è fuggito dal proprio Paese a motivo dei conflitti; come quelle di quanti, in diverse parti del mondo, sono discriminati e disprezzati a causa della loro fede in Cristo. Continuiamo a stare loro vicini!". "Preghiamo per loro - ha concluso il Papa - e per la pace in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente. La preghiera di tutta la Chiesa sostenga anche il cammino verso la piena unità tra i cristiani, perché il mondo creda nell'amore di Dio che in Gesù Cristo è venuto ad abitare in mezzo a noi".

 

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