30/06/2008, 00.00
INDIA - VATICANO
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Card. Vithayathil: San Paolo, modello della missione in India e in Asia

di Card. Varkey Vithayathil
Il presidente della Conferenza episcopale indiana spiega ad AsiaNews che l'Anno Paolino appena iniziato deve spingere i cristiani dell'India e dell'Asia ad annunciare in modo esplicito la fede in Cristo, essere forti nelle persecuzioni, valorizzando e purificando la cultura circostante.

New Delhi (AsiaNews) – Da ieri molte diocesi indiane hanno dato inizio alle celebrazioni per l’Anno Paolino, inaugurato da Benedetto XVI per celebrare i 2000 anni dalla nascita dell’apostolo di Tarso. Parlando con AsiaNews, il card. Varkey Vithayathil, presidente della Conferenza episcopale indiana, ha messo in luce il valore dell’Anno Paolino per l’evangelizzazione dell’India e dell’Asia. Il card. Vithayathil, che è arcivescovo di Ernakulam-Angamaly dei Siro-malabari, ha sottolineato soprattutto l’urgenza dell’annuncio esplicito della fede nel mondo multireligioso asiatico e la pazienza nelle persecuzioni. Ecco quanto ha detto ad AsiaNews:

 Nelle celebrazioni per il secondo millennio della nascita di san Paolo, la Chiesa deve anzitutto rivitalizzare il suo zelo missionario e lo spirito nell’annuncio della buona novella a tutti i popoli. San Paolo è stato il più grande missionario della storia; la sua vita e predicazione sono l’elemento più importante per l’India  e l’Asia, soprattutto in questo nostro tempo.

Nell’ultimo incontro della Conferenza episcopale ho detto ai vescovi dell’India che il lavoro sociale non è sufficiente. Il lavoro sociale è evangelizzazione indiretta, ma la Chiesa in India, con franchezza, deve predicare Gesù Cristo. Predicare il Vangelo e annunciare la Buona Novella della salvezza è la carità più grande che la Chiesa in India e in Asia può offrire. Questa carità ha il potere di trasformare la vita della gente, fino ad avvolgere la loro vita quotidiana di una nuova dignità. Questa è la missione della Chiesa e di ogni cristiano battezzato.

In secondo luogo, dobbiamo leggere le epistole di san Paolo. Queste lettere sono essenziali per i vescovi, i sacerdoti, i laici e ci istruiscono sul modo in cui la nostra vita cristiana può diventare testimonianza di Gesù nella nostra esistenza. Le lettere di Paolo contengono anche profondi sguardi sulla vita spirituale.

La comunità internazionale si sta preparando alle Olimpiadi di Pechino, alla corona della vittoria e della gloria olimpica. Per questa corona che perisce, si affrontano allenamento e disciplina rigorosi… Mi viene in mente le parole dell’apostolo: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia…”(2 Timoteo 4, 7-8). Non vi è nulla di più prezioso di questa corona di giustizia. Dovrebbe essere questo lo spirito che anima noi in India, nel clima di intolleranza contro i cristiani che si respira in molti Stati, e con le leggi anti-conversione che vorrebbero piegare lo spirito evangelico. Questo zelo indomito dell’apostolo dovrebbe accrescere lo spirito evangelico nel cuore di tutti noi in India: evangelizzare nella speranza, comunicando Gesù alla gente. Oggigiorno è importante vivere il Vangelo con radicalità e il nostro modello è san Paolo

San Paolo mostra ciò a cui un cristiano va incontro predicando il vangelo. Egli è modello  per l’evangelizzazione in India e in Asia e soprattutto per la Chiesa perseguitata dell’India.

San Paolo è stato l’apostolo dei pagani ed è stato perseguitato a causa di Gesù Cristo… Eppure questo non ha annacquato il suo zelo. Egli ha viaggiato in lungo e in largo nel mondo di allora, con tutte le difficoltà che esistevano in quei tempi; ha dovuto subire animosità e pericoli cercando di convertire i popoli alla nuova fede. Egli ha sopportato con tenacia tutto questo, giungendo al compimento della sua opera. Infine egli è stato decapitato.

Questo è importante per ciascuno di noi in India: Paolo era così consumato dall’amore per Gesù, che ha sofferto con coraggio anche le persecuzioni. Egli non ha mai usato la forza o la seduzione – un’accusa che spesso si fa contro i cristiani in India – ma predicava e la gente gli credeva. Questo si dovrebbe fare in India e in Asia. Purtroppo, la persecuzione ci impaurisce e il nostro zelo si raffredda, così spegniamo la nostra predicazione. Paoo era cosciente delle conseguenze  cui si giunge  dimenticando di proclamare il vangelo: “Guai a me se non predicassi il vangelo!” (1 Cor 9,16). Se non predichiamo, come farà la gente a credere e convertirsi alla Verità, alla vita eterna, come potranno milioni e milioni di persone almeno ascoltare il nome di Gesù e abbracciare il Cristo?

San Paolo era anche prudente: in Atene (cfr Atti 17) egli, vedendo un altare pagano, ha detto che essi adoravano “il dio ignoto”. Paolo credeva che le influenze della cultura circostante, potevano essere negative per la salute spirituale delle comunità. Ma in altre occasioni, Paolo sa come usare immagini culturali diffuse per un buon scopo, che è trasmettere il suo messaggio agli uditori. In tal modo Paolo ci sfida a incontrare la nostra stessa cultura, con coraggio, avendo Cristo come nostra guida.

È urgente che la luce luminosa della risurrezione brilli sulle generazioni presenti. Ma ciò richiede che voi ed io annunciamo a tutti i popoli il Signore risorto.

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