25/01/2009, 00.00
VATICANO
Invia ad un amico

Papa: le differenze delle tradizioni non impediscano la fraternità tra i cristiani

Concludendo la Settimana per l’unità dei cristiani, il pensiero di Benedetto va in particolare alla Corea ed alla Terra Santa. Il ricordo dell’annuncio del Conciio Vaticano II dato da Giovanni XXIII, esattamente 50 anni fa e dalla stessa basilica di San Paolo.
Roma (AsiaNews) – A 50 anni da quando Giovanni XXIII manifestò l’intenzione di convocare il Vaticano II e nello stesso luogo, la basilica di San Paolo, a Roma, Benedetto XVI, oggi pmeriggio, ha riproposto il senso e il modo dell’unità del cristiani, che il Concilio rilanciò. Una unità che è dono di Dio e che è comunione in senso spirituale, ma che è “fermento di fraternità anche sul piano sociale, nei rapporti tra le nazioni e per l’intera famiglia umana”, anche in Corea e Terra Santa.
 
Nel rito conclusivo della Settimana di preghiera per l’unità dei cristianni, il pensiero del Papa è infatti andato “ai fratelli della Corea”, che soffrono di una divisione politica che fa meglio comprendere quella tra cristiani ed alla Terra Santa, dove le differenze di riti e tradizioni “non dovrebbe costituire un ostacolo al mutuo rispetto e alla carità fraterna”.
 
Il riferimento alla Corea ha tratto origine dal fatto che è stato un gruppo ecumenico di quel Paese a scegliere il tema della Settimana di quest’anno “Che formino una cosa sola nella tua mano (Ez 37,17)”. Essi, ha detto Benedetto XVI, “si sono sentiti fortemente interpellati da questa pagina biblica, sia in quanto coreani, sia in quanto cristiani. Nella divisione del popolo ebreo in due regni si sono rispecchiati come figli di un’unica terra, che le vicende politiche hanno separato, parte al nord e parte al sud. E questa loro esperienza umana li ha aiutati a comprendere meglio il dramma della divisione tra cristiani. Ora, alla luce di questa Parola di Dio che i nostri fratelli coreani hanno scelto e proposto a tutti, emerge una verità piena di speranza: Dio promette al suo popolo una nuova unità, che deve essere segno e strumento di riconciliazione e di pace anche sul piano storico, per tutte le nazioni.”.
 
“E’ il lievito del Regno di Dio – ha detto poi - che fa crescere tutta la pasta (cfr Mt 13,33). In questo senso, la preghiera che eleviamo in questi giorni, riferendosi alla profezia di Ezechiele, si è fatta anche intercessione per le diverse situazioni di conflitto che al presente affliggono l’umanità. Là dove le parole umane diventano impotenti, perché prevale il tragico rumore della violenza e delle armi, la forza profetica della Parola di Dio non viene meno e ci ripete che la pace è possibile, e che dobbiamo essere noi strumenti di riconciliazione e di pace. Perciò la nostra preghiera per l’unità e per la pace chiede sempre di essere comprovata da gesti coraggiosi di riconciliazione tra noi cristiani. Penso ancora alla Terra Santa: quanto è importante che i fedeli che vivono là, come pure i pellegrini che vi si recano, offrano a tutti la testimonianza che la diversità dei riti e delle tradizioni non dovrebbe costituire un ostacolo al mutuo rispetto e alla carità fraterna. Nelle diversità legittime di posizioni diverse dobbiamo cercare l’unità nella fede, nel nostro ‘sì’ fondamentale a Cristo e alla sua unica Chiesa. E così le diversità non saranno più ostacolo che ci separa, ma ricchezza nella molteplicità delle espressioni della fede comune”.
 
Benedetto XVI ha infine rammentato che “il 25 gennaio del 1959, esattamente cinquant’anni or sono, il beato Papa Giovanni XXIII manifestò per la prima volta in questo luogo la sua volontà di convocare ‘un Concilio ecumenico per la Chiesa universale’ (nella foto: papa Roncalli si reca all’apertura del Vaticano II). Fece questo annuncio ai Padri Cardinali, nella Sala capitolare del Monastero di San Paolo, dopo aver celebrato la Messa solenne nella Basilica”. Al Vaticano II, ha ricordato Benedetto XVI si deva anche “un fondamentale contributo all’ecumenismo, condensato nel Decreto Unitatis redintegratio”. “L’atteggiamento di conversione interiore in Cristo, di rinnovamento spirituale, di accresciuta carità verso gli altri cristiani ha dato luogo ad una nuova situazione nelle relazioni ecumeniche. I frutti dei dialoghi teologici, con le loro convergenze e con la più precisa identificazione delle divergenze che ancora permangono, spingono a proseguire coraggiosamente in due direzioni: nella ricezione di quanto positivamente è stato raggiunto e in un rinnovato impegno verso il futuro”.
 
“Rimane aperto davanti a noi l’orizzonte della piena unità. Si tratta di un compito arduo, ma entusiasmante per i cristiani che vogliono vivere in sintonia con la preghiera del Signore: ‘che tutti siano uno, affinché il mondo creda’ (Gv 17,21). Il Concilio Vaticano II ci ha prospettato che ‘il santo proposito di riconciliare tutti i cristiani nell’unità della Chiesa di Cristo, una e unica, supera le forze e le doti umane’ (UR, 24). Facendo affidamento sulla preghiera del Signore Gesù Cristo, e incoraggiati dai significativi passi compiuti dal movimento ecumenico, invochiamo con fede lo Spirito Santo perché continui ad illuminare e guidare il nostro cammino”.
 
TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
Gerusalemme, Settimana dell’unità: i cristiani ‘satelliti intorno l’unico sole che è Cristo’
22/01/2018 12:41
P. Pierbattista Pizzaballa amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme
24/06/2016 12:48
Gerusalemme: Patriarcato greco-ortodosso "ostaggio" nelle mani di Israele e Palestina
13/06/2005
Gioia per gli ortodossi di Gerusalemme: Ireneos "scomunicato" come patriarca
25/05/2005
Patriarca Pizzaballa: cristiani parola di ‘speranza e verità’ nei conflitti in Terra Santa
26/01/2023 10:00


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”