14/10/2009, 00.00
INDONESIA
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Jakarta, cristiani e musulmani contro la legge pro-aborto

di Mathias Hariyadi
Il parlamento ha approvato la riforma sanitaria, che prevede l’interruzione di gravidanza entro le sei settimane. Per l’entrata in vigore è necessaria la firma del presidente Yudhoyono. Movimento interreligioso ne chiede la cancellazione, definendola “moralmente sbagliata”.
Jakarta (AsiaNews) – Musulmani, cattolici, protestanti, buddisti, indù, confuciani e donne attiviste uniti contro la legge che “legalizza” l’aborto. Accade in Indonesia, dove il Parlamento ha approvato la riforma sanitaria che estende i casi di interruzione di gravidanza. La norma deve essere controfirmata dal presidente per l’entrata in vigore, ma una vasta campagna  popolare ne chiede la cancellazione.
 
In una conferenza stampa organizzata ieri pomeriggio nella sede dell’Indonesian Ulemas Council (Mui), a Jakarta, i leader religiosi e diverse organizzazioni non governative condannano il “difetto morale” insito nella norma, che legalizza alcuni casi di aborto. Essi sottolineano che è “moralmente sbagliata” ed è contraria a “ogni credo religioso che rispetta la vita umana sin dal concepimento”.
 
La legge sulla Riforma sanitaria 2009 è stata approvata dal parlamento lo scorso 14 settembre, durante gli ultimi giorni della precedente legislatura. Il nuovo parlamento si è insediato il primo di ottobre, con la conferma alla presidenza di Susilo Bambang Yudhoyono, al quale spetta il compito di ratificare la norma.
 
Tra i punti più controversi l’articolo 85 comma 1, che stabilisce: “L’aborto è legale e può essere praticato solo se la gravidanza non ha superato le sei settimane dal primo giorno in cui ogni donna incinta termina le mestruazioni del mese”. Il precedente articolo 84, sempre al comma 1, dichiara che non è consentito nessun tipo di aborto, ma (comma 2) in alcuni casi la pratica è legale quando è in pericolo la vita della madre e del nascituro.
 
“Respingiamo qualsiasi proposta di aborto indotto” afferma padre Sigid Pramudji Pr, segretario generale della Conferenza dei vescovi indonesiani (Kwi); egli aggiunge che la pratica è lecita solo per “gravi ragioni sanitarie” al fine di “salvare la vita” della madre. Analogo il parere di Ma’ruf Amin, capo del Mui, il quale annuncia un ricorso alla Corte costituzionale indonesiana, che verrà inoltrato dalla conferenza interreligiosa. “L’aborto è lecito – spiega il leader musulmano – solo se il feto ha meno di 40 giorni e solo in caso di gravi motivi sanitari”. Protestanti, buddisti, indù, seguaci di Confucio e movimenti per la donna si uniscono all’appello per la vita lanciato da cattolici e musulmani.
 
Il forum interreligioso aggiunge infine che l’articolo 75 della riforma sanitaria dichiara illegale l’interruzione di gravidanza; le persone non devono abortire per nessuna ragione.
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