24/05/2005, 00.00
BANGLADESH
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L'eucarestia in Bangladesh, dove la domenica è "un giorno feriale"

di Marta Allevato

Un missionario del PIME nel paese musulmano racconta le difficoltà e l'impegno della chiesa locale per valorizzare l'eucaristia. Qui la domenica è giorno di lavoro; le sparse comunità cattoliche nelle zone tribali non possono celebrare messa e la preghiera è affidata ai laici.  Al di là delle difficoltà,  il sacrificio gratuito di Cristo per l'uomo continua ad animare la missione.

Roma (AsiaNews) – È difficile celebrare la domenica come "festa del  Signore", in un paese musulmano, dove la domenica è un giorno feriale "tra i più frenetici". Ma l'eucarestia in Bangladesh, paese a maggioranza islamica, è un "momento necessario" all'esigua comunità cattolica per "esprime il proprio essere comune". Essa è "dono gratuito di sé", "perdono" e "condivisione" con i poveri e i peccatori. In un'intervista ad AsiaNews , p. Franco Cagnasso, missionario del PIME (Pontificio istituto missioni estere) racconta il valore dell'eucarestia nella sua missione, gli sforzi per trasmettere il legame tra eucarestia e vita

P. Cagnasso è insegnante e padre spirituale al seminario regionale di Dhaka. In Bangladesh su 140 milioni di abitanti, più dell'80% è musulmano; i cattolici sono 300 mila. Sono 100 i seminaristi che si preparano al sacerdozio, mentre circa 150 i preti diocesani già presenti.

 

Padre Cagnasso, qual'è il senso dell'eucarestia nella sua missione?

Gli aspetti che sento di più dell'eucarestia vissuta in Bangladesh sono due: quello del dono gratuito e quello del perdono e della condivisione. Cristo offre il pane e il vino come segno dell'offerta della sua stessa vita. Egli fa questo dono in un contesto, che lo rende all'apparenza inutile: la sua morte porterà alla fine tutto il suo movimento e la sua attività. Soltanto nella fede questo gesto diventa fruttuoso dando origine alla Chiesa. L'eucarestia è l'invito ad offrire la vita per il popolo del Bangladesh in modo gratuito,senza pretese di riscontri pratici o gratificazioni materiali, anche quando sembra che questo dono sia inutile e incompreso. Essa diventa l'aiuto ad accettare una situazione spesso molto difficile: in un paese dove ci sono ingiustizie gravi, corruzione e violenze a volte viene da pensare che il sacrificio non valga la pena. Cristo attraverso il perdono e la condivisione ci ricorda che questo non è vero: egli offre il pane e il vino, simbolo del suo corpo, a persone che poco dopo lo tradiranno o rinnegheranno, ma non si spaventa, né si tira indietro. L'eucarestia diventa così il luogo della comunione della Chiesa anche nella debolezza.

Lei è impegnato nel seminario di Dhaka. Che valore ha l'eucarestia nella formazione del clero locale?

Io insegno proprio i sacramenti e ho una responsabilità diretta nel far percepire ai seminaristi il valore dell'eucarestia. La sfida più grande è aiutarli a passare dalla devozione rituale al senso di una vita eucaristica. L'eucarestia è sentita in maniera diversa dai bengalesi e dagli aborigeni. I primi sono originari di villaggi molto devoti, comunità dove l'eucarestia è celebrata con regolarità ogni domenica, a volte ogni giorno. Per i bengalesi l'eucarestia diventa una pratica a cui tengono, che sentono come parte del loro cammino cristiano, ma è vissuta più che altro dal punto di vista rituale. Per gli aborigeni il problema è più radicale: vivono in comunità molto disperse in cui l'eucarestia è celebrata raramente, a volte solo due o tre volte l'anno. Solo i giovani aborigeni cresciuti nei collegi cristiani sono abituati a ricevere ogni giorno l'eucarestia, ma la vivono come un'imposizione, un misto di valori, ma anche di peso e rifiuto. Il mio sforzo è quello di far cogliere l'eucarestia non solo come rito e adorazione, ma come momento che dà significato a tutta una vita che diventa eucaristica. La sfida è riuscire a trasmettere il legame tra l'eucarestia e la propria vita, le scelte che si fanno. In quest'ottica l'adorazione non perde significato ma diventa un collegamento con la celebrazione, espressione di ciò che viviamo ogni giorno. Qui, invece, prevale spesso l'idea che la messa è necessaria solo per avere Gesù presente da adorare.

Il papa e la Chiesa italiana hanno invitato a riscoprire la domenica come giorno di festa e di incontro con l'eucarestia. In Bangladesh la domenica è un giorno lavorativo. Che valore assume allora l'eucarestia nella missione della Chiesa?

In Bangladesh è difficile comunicare il senso della domenica come giorno del  Signore, occasione del vivere insieme una festa. Qui dagli anni '80 il giorno festivo è il venerdì. La domenica oltre ad essere giorno lavorativo è anche il più frenetico e trafficato nelle grandi città come Dhaka. I cattolici sono costretti così a celebrare la messa molto presto al mattino, o la sera dopo il lavoro. Di venerdì, però, si svolgono incontri spirituali e catechesi per permettere a tutti di partecipare.

In seminario abbiamo scelto di lasciare la domenica come giornata di riposo, in cui non si tiene lezione. In questo modo cerchiamo di dare un segno tangibile che il giorno dell'eucarestia è il giorno più importante della settimana.

Nelle campagne e nei villaggi, invece, la domenica è ancora il giorno centrale per i cattolici, ma c'è un altro problema. Soprattutto nelle aree tribali le comunità e non hanno la possibilità di celebrare ogni settimana l'eucarestia. Per questo i missionari più anziani hanno creato la figura del prayer leader (guida della preghiera, ndr). Sono laici che ogni domenica guidano la preghiera della comunità. Così,anche senza eucarestia, si ha l'occasione di raccogliersi e pregare. I prayer leaders vengono radunati una volta al mese alla missione centrale: un sacerdote spiega loro i testi della liturgia delle 4 domeniche successive in modo che loro possano fare poi una piccola predica-omelia. Queste figure permettono di dare alla domenica il senso di un giorno diverso sia perché si prega sia perché per pregare bisogna interrompere il lavoro e radunarsi. Sono un po' la colonna di queste piccole comunità. Sempre loro si occupano di preparare la comunità all'arrivo periodico di suore e del sacerdote, che celebra eucarestia e confessa.

Il valore dell'eucarestia in un paese popoloso come il Bangladesh, è soprattutto quello di radunare un piccolo gregge, altrimenti disperso. La messa è l'occasione in cui ci si unisce veramente e si esprime il proprio essere comune. Questo aspetto è molto sentito anche nella comunità straniera che risiede a Dhaka. Gli immigrati vengono da differenti paesi, con cultura e lingua diverse, ma nell'eucarestia si sentono parte di un'unica realtà, la Chiesa cattolica. 

Ci racconti un esempio concreto…

Nella comunità di Mirpur, un distretto periferico di Dhaka (su 2 milioni di abitanti i cattolici sono 1.500) è molto evidente come il radunarsi attorno all'eucarestia è il momento in cui i fedeli sentono in profondità la propria identità cristiana, tra  impegni di lavoro e nel convivere quotidiano con altre culture e religioni. Il sacerdote della chiesa, a breve parrocchia, ha lavorato molto per creare tra i fedeli occasione e bisogno di familiarizzare, di sentire che si è comunità altrimenti si perde il sentimento dell'essere cristiano. C'è un gruppo di laici e suore che girano continuamente per scoprire famiglie nuove che arrivano e per invitarle a venire a messa. Questo metodo pastorale è molto apprezzato perché unisce la visita alle famiglie, la ricerca con il raccogliere e radunare, altrimenti la vita cristiana diventa solo occasionale.

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