07/03/2007, 00.00
CINA
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Anp: i dubbi sulle belle promesse di Wen Jiabao

di Bernardo Cervellera
Il rapporto del premier all’Assemblea nazionale del popolo suscita molto interesse e tanti interrogativi. Da anni il Pcc promette aiuti ai contadini, per la scuola, contro l’inquinamento e la corruzione. Ma con pochissimi risultati. Forse la libertà di religione....

All’Assemblea nazionale del popolo (Anp) tutti i 3 mila delegati discutono il discorso di Wen Jiabao, mettendo in luce le tante speranze che suscita, ma anche i tanti pessimismi.

Wen ha promesso fondi per l’educazione e per i contadini; ha gridato contro l’inquinamento ambientale e la corruzione del Partito comunista (Pcc), esigendo maggiore rigore… ma non ha detto nulla sul modo in cui attuare queste belle promesse.

 1)      Wen ha promesso di frenare l’economia all’8%. La stessa cosa l’aveva promessa negli ultimi due anni, ma l’economia è cresciuta oltre il 10%. Questo incremento crea un surplus di investimenti, di sovrapproduzione, di super-esposizione delle banche, producendo aumenti di speculazioni finanziarie ed edilizie. Essendo il governo l’unico responsabile delle pianificazioni economiche, è su di esso – e sulla sua inerzia – che vanno messe tutte le colpe del surriscaldamento economico.

 2)      Con uno slancio di generosità, Wen ha detto quest’anno che il governo ha deciso di investire quasi 86 miliardi di yuan nel campo dell’educazione nazionale (un aumento del 41,7 % rispetto all’ultimo budget) e quasi 32 miliardi nella sanità pubblica (un aumento dell’86,8 %). Ma diversi delegati si domandano come questi investimenti potranno giungere nelle zone di campagna – dove le scuole sono al lumicino – o sulle montagne. Altri delegati criticano il fatto che gli aiuti per gli studi universitari saranno dati solo a 6 istituzioni dipendenti in modo diretto dal Ministero per l’educazione, lasciando  le altre istituzioni a bocca asciutta. Per quanto riguarda gli investimenti nella sanità, va ricordato che è dal 1993 che Pechino ha promesso di far salire fino al 4% del budget gli investimenti in campo sanitario e tuttora non vi è riuscito.

 3)      Il premier ha anche promesso che tutto il governo lotterà contro l’abisso fra ricchi e  poveri, varando aiuti ai contadini e approntando un sistema assicurativo per loro. Il timore è che la grande povertà faccia aumentare le rivolte sociali. Ma già l’anno scorso Wen aveva lanciato il progetto della “nuova campagna socialista” e nessuno ha mostrato alcun risultato. È vero che le rivolte sociali – secondo il Ministero della Sicurezza – si sono ridotte di un terzo rispetto al 2005 (87 mila scontri). Ma è anche vero che lo scorso anno vi è stata una repressione anche armata delle rivolte; arresti di contadini e di avvocati che difendevano i loro diritti. Stupisce, poi, che la soglia della povertà in Cina sia calcolata a 683 yuan di reddito annuo (circa 68 euro), quando nel mondo intero la soglia della povertà si calcola a 2 dollari al giorno. A causa di questo le statistiche cinesi sulla povertà sono ridicole: per il governo esistono solo 21 milioni di persone sotto la soglia della povertà. La World Bank dice che nel Paese vi sono 365 milioni di poveri. Ma con statistiche così approssimate, è possibile lanciare dei programmi efficaci?

 4)      E che dire delle promesse di ridurre l’inquinamento? Una campagna per l’ambiente è stata lanciata da Wen Jiabao anche l’anno scorso. Egli aveva addirittura promesso – come ha fatto quest’anno – che le industrie inquinanti saranno chiuse. Ma nulla di tutto questo è avvenuto.

 5)      Legato a questo sistema di crescita scombinata, di fondi che non arrivano a destinazione,  di espropri verso i contadini, di connivenze con l’inquinamento, vi è la piaga della corruzione fra i membri del Partito. Ogni anno decine di migliaia di membri vengono allontanati e condannati. Quest’anno è toccato a Chen Liangyu, segretario del Pcc di Shanghai, e alla sua corte, responsabili di aver utilizzato per scopi propri miliardi di fondi pensione. Wen ha proclamato, come avviene da anni, la lotta alla corruzione; il Partito ha diffuso in tutte le sedi l’insegnamento confuciano per esaltare la moralità. Ma il Pcc ha ormai tradito il suo statuto (“essere i primi a sopportare le difficoltà; gli ultimi a godere di comodità”). Scaricare le colpe su uno o l’altro gruppo, o addirittura all’eredità della Rivoluzione culturale non permette un affronto obiettivo del problema, che è uno solo: distaccare il Partito e il governo dall’economia e aprirsi a una vera società liberale. Una proposta interessante è venuta in questi giorni da Shan Shaojie, dell’università Renmin, professore di filosofia. Secondo lui, i problemi morali del Partito esistono perché esso si arroga poteri spirituali e poteri di governo. Separare l’autorità spirituale e quella dell’esecutivo è la via più efficace. A parere di Shan l’autorità spirituale deve essere lasciata alle religioni e non al Partito. Tutto questo è vero, a patto che le religioni siano davvero libere, anche di criticare i membri del Partito, magari aiutate da una stampa libera: tutte cose su cui la Cina è ancora indietro.

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