Mosul, "snodo" dell'estremismo wahabita in Iraq
Voci irachene avvertono: la città è in mano al fondamentalismo sunnita più rigido, che mira allo Stato islamico; in questo piano, cristiani e sciiti non trovano posto e si rafforza l'"industria dei sequestri". La famiglia di un caldeo rapito ha già pagato due volte il riscatto, ma dell'ostaggio ancora nessuna traccia.

Mosul (AsiaNews) – Mosul, nel nord-ovest irakeno, è ormai diventata lo "snodo principale dell'estremismo sunnita di stampo wahabita in Iraq”, che ad ogni costo mira a creare uno Stato islamico nella zona per poi ristabilire il califfato. Il progetto è sostenuto da "Paesi esterni" L'allarme arriva da fonti irachene di AsiaNews, che avvertono: questi fondamentalisti pensano di detenere l'unica verità e per questo eliminano tutti coloro che invece la rifiutano, primi tra tutti, i cristiani, ma anche i musulmani sciiti. Per il momento approfittano di loro per ricavare soldi, con sequestri e la riscossione della jizya - la tassa di "compensazione" chiesta dal Corano ai sudditi non-musulmani - ma con il tempo li costringeranno a lasciare le loro case.

Le violenze che dilaniano la comunità dei cristiani a Mosul hanno toccato il loro apice con il massacro del sacerdote caldeo, p. Ragheed Ganni e dei suoi tre suddiaconi lo scorso 3 giugno subito dopo la messa. Ma non conoscono tregua. Da una settimana un caldeo sposato è stato rapito; i suoi familiari hanno pagato due volte il riscatto, ma finora di lui non si ha notizia. Il 3 agosto un commando di terroristi è entrato nella casa del cristiano, Tamir Azoz, nel distretto di Al-Hadba’a, al centro della città, volevano portarlo via; lui, un uomo robusto - come raccontano i testimoni oculari - ha fatto resistenza, diceva che non avrebbe lasciato la sua famiglia da sola, abbandonata ad un destino incerto e alla fine è stato ucciso. "Il piccolo gregge dei cristiani - racconta un sacerdote della diocesi - è di nuovo nel panico e si sente isolato".