La lunga battaglia del mongolo Giuseppe per avere una chiesa nel proprio villaggio
I 20 cattolici di Dzuunmod ogni domenica fanno un lungo viaggio per andare a messa nella più vicina chiesa, a 60 chilometri. Ora Giuseppe il carpentiere cerca di convincere il Consiglio locale ad autorizzare una chiesa e, con l’occasione, parla della sue fede.

Ulaanbaatar (AsiaNews/Ucan) – Ha scelto il nome cattolico di Giuseppe perché è un carpentiere, come il padre di Gesù, presso la locale Scuola cattolica S. Paolo. Ora a Dzuunmod, capitale della provincia Centrale a 60 chilometri da Ulaanbaatar, cerca di convincere il Consiglio cittadino che ai cattolici occorre una chiesa e di far conoscere cosa sia il cristianesimo.

“Ogni domenica – ha spiegato al Consiglio il 29 agosto – per la messa dobbiamo andare a Ulaanbaatar con il bus, è molto costoso e ci porta via l’intero giorno”. E’ un viaggio di 3-4 ore, secondo le condizioni della strada e il tempo. Giuseppe dice che ha preparato il discorso al Consiglio leggendo il Libro di Geremia.

Nella città vivono 20 cattolici battezzati, metà dei quali hanno tra 16 e 25 anni. Altri 5 si preparano al battesimo per Pasqua.

“Ogni domenica andiamo a messa – racconta a UCA News – e anche ad altri piacerebbe venire. Ma non abbiamo ancora il permesso per fare attività religiosa nella nostra città”. I fedeli si incontrano una volta a settimana per meditare la Bibbia e pregare insieme, ma senza questo permesso non possono “parlarne a nessuno”.

E’ convinto che i mongoli possano capire con facilità il cattolicesimo, perché è simile in molti punti agli insegnamenti tradizionali del Paese. Per esempio ritiene che i dieci comandamenti riecheggiano i Dieci meriti bianchi e i Dieci peccati neri che ogni mongolo conosce. “Un mio amico, monaco buddista di 86 anni, capisce ogni cosa del cristianesimo e ama il Papa e la Beata Madre Teresa”.

La Chiesa cattolica non è proibita, ma i cattolici per fare attività religiosa debbono chiedere il permesso al Consiglio cittadino sia di ogni bag (la più piccola unità amministrativa) che della soum (entità governativa superiore) che della provincia. Giuseppe ritiene che questo “sia un bene, perché così gli abitanti dei villaggi non vedono la Chiesa come qualcosa imposto loro dal governo, ma possono scegliere se avere o no una chiesa nel loro villaggio”. Così, inoltre, “noi cattolici possiamo parlar loro della nostra fede e di noi ed eliminare le incomprensioni”.

Già a marzo ha chiesto l’autorizzazione. Allora “abbiamo avuto l’approvazione dei due consigli inferiori e abbiamo perso per un solo voto nel consiglio provinciale. Questa volta al Consiglio bag abbiamo avuto 56 voti su 87 a favore della nostra chiesa. Confidiamo in Dio di poterla avere”. Ritiene che chi ha votato contro la chiesa non conosca bene il cattolicesimo o ne abbia un’esperienza negativa, anche perché “molti mongoli non conoscono le grandi differenze tra i diversi gruppi e sette cristiani”. La gente ricorda che altri gruppi cristiani hanno cercato di convertirli distribuendo sacchi di farina o regalando denaro o ninnoli. O che 12 anni fa alcuni ragazzi si sono suicidati credendo che sarebbero risorti dopo tre giorni.

“Di certo gli anziani non vogliono che queste cose accadano ancora. Per questi terribili malintesi molti ritengono che il cristianesimo sia pericoloso. Ora abbiamo spiegato con molta attenzione in cosa crediamo e come viviamo”.

Giuseppe prende sempre nota di quanto accade. Ha due figli e dice che “quando saranno grandi, qui la Chiesa sarà diffusa e forte. Ma loro devono conoscere come è successo, quanto i loro genitori hanno lavorato e combattuto per questo”.