Sale l’allarme colera, mentre a Baghdad rimangono a guardare
L’epidemia scoppiata ad agosto nel nord dell’Iraq varca i confini con l’Iran, dove si registrano 43 casi. Il ministero della Sanità non interviene, mentre dalla regione di Niniveh arriva il racconto disperato della popolazione: l’acqua non è potabile, la struttura sanitaria non esiste e i medici hanno paura di lavorare.

Kirkuk (AsiaNews) - L’epidemia di colera esplosa in Iraq ad agosto continua diffondersi in modo allarmante senza che il governo centrale o le organizzazioni internazionali adottino serie misure per affrontarla. La denuncia arriva dall’interno dello stesso ministero iracheno della Sanità. Alcuni funzionari – citati in forma anonima dal sito internet Azzaman – parlano di una situazione “senza speranza” in un conteso già tragico come quello dell’Iraq.

L’epidemia, che finora ha interessato il nord del Paese, ha varcato da poco i confini arrivando fino in Iran, dove i casi registrati lungo la zona di frontiera sono 43. Lo ha riferito il Mohsen Zahrai, responsabile iraniano per il controllo delle infezioni dall'acqua, secondo il quale ''per il momento in territorio iracheno non vi e' speranza di contenere l'epidemia''.

“Senza speranza” è anche la popolazione, raccontano fonti di AsiaNews nella provincia di Niniveh. Qui nei piccoli villaggi si ammassano i numerosi profughi che fuggono dalle violenze di Baghdad e Mosul. “I centri medici, non chiamiamoli ospedali, - dicono - sono pochi e mancano di tutto, dal materiale sanitario al personale: i dottori non lavorano perché hanno paura, essendo tra le categorie più colpite da uccisioni e sequestri”. Ma il problema è molto più esteso: “L’acqua, arriva un giorno sì e uno no, e non è potabile; la scarsa fornitura di elettricità (2 ore al giorno) e l’assenza di gruppi elettrogeni non permettono di poter alimentare i frigoriferi e conservare sano il cibo, soprattutto la carne”. “Nessuno si interessa a questa emergenza – continuano le fonti dal nord del Paese – la struttura sanitaria è praticamente assente, il governo non esiste, non vediamo aiuti neppure dalle grandi organizzazioni internazionali”. “Aspettiamo ancora l’arrivo di 150 milioni di tavolette al cloro per purificare l’acqua – riferiscono dal ministero della Sanità – ma finora non si è visto niente”.

La settimana scorsa l'Organizzazione mondiale della sanità ha diffuso i dati ufficiali sul colera in Iraq. Dopo la prima apparizione, il 14 agosto a Kirkuk, l'infezione risulta ormai diffusa in 9 delle 18 province del Paese, con 3.315 casi accertati di contagio da vibrio cholerae tra gli oltre 30mila malati di dissenteria acuta. Il tasso di mortalità rimane basso, solo 14 finora i decessi, ma l'epidemia è ancora in espansione nelle regioni di Kirkuk e Sulaymaniah e resta stabile a Bassora, Baghdad, Dahuk, Mosul e Tikrit.