“Abbiamo una Parola comune”: 138 leader islamici scrivono al Papa
Il documento, firmato da personalità di quasi tutti i Paesi islamici, sunniti e sciiti, è indirizzato a tutti i leader cristiani. “Se cristiani e musulmani non sono in pace, il mondo non può essere in pace”.
Londra (AsiaNews) - Si intitola “Una Parola comune tra noi e voi” la lettera che 138 esponenti islamici di tutto il mondo hanno indirizzato a Benedetto XVI ed a tutti i leader delle diverse Chiese e confessioni cristiane allo scopo di promuovere “maggiore comprensione” tra le due fedi. “Musulmani e cristiani – si legge nella prima delle 29 pagine del documento, pubblicato dalla BBC - insieme rappresentano più della metà della popolazione mondiale. Senza pace e giustizia tra queste due comunità religiose, non ci può essere una pace significativa nel mondo. Il futuro del mondo dipende dalla pace tra musulmani e cristiani”. “Se cristiani e musulmani non sono in pace – si legge più avanti – il mondo non può essere in pace”.
 
A firmare il documento - scritto nell’anniversario di quello che 38 esponenti islamici inviarono al Papa in risposta alla lectio di Regensburg - tra gli altri, il segretario generale della Organizzazione della Conferenza islamica, da un componente del Consiglio superiore degli ulema sauditi, da uno del Supremo consiglio per gli affari islamici della Nigeria, dal segretario generale del Consiglio degli ulema indonesiani, dai Gran muftì di Egitto, Giordania, Bosnia, Russia, Croazia, Kossovo, Siria, Emirati arabi uniti, Oman, dal muftì di Istanbul, dal capo del Fatwa Council dello Yemen, da ministri ed ex ministri degli Affari religiosi di Algeria, Sudan, Mauritania, Giordania e Marocco, dal presidente dell’università Al-Azhar, da esponenti governativi ed universitari iraniani.
 
La lettera evidenzia le molte similitudini che esistono tra la Bibbia ed il Corano, affermando che “le differenze non debbono essere causa di odio e conflitto” e sottolineando in particolare l’atteggiamento che essi indicano verso “i vicini”, ossia tutti coloro che credono nell’unico Dio. Di qui la convivenza che, sulla base della fede, essi debbono promuovere. Nulla, invece, si dice sulla violenza che oggi viene esercitata proprio in nome della fede, proprio nell’islam.