Ancora kamikaze a Kabul, gli Usa chiedono “maggiore sforzo bellico”
L’attentato suicida di stamattina contro l’esercito afghano uccide 13 persone e “saluta” il segretario alla Difesa americano Gates, partito oggi dal Paese. Gli Usa invitano i partner Nato a dedicare più risorse sul piano militare. Ma esperti sul posto avvertono: serve più impegno politico e una ricostruzione meglio coordinata. Cresce lo scontento della popolazione, che passa dalla parte dei talebani.
Kabul (AsiaNews) – I talebani rivendicano l’attentato kamikaze, che stamattina a Kabul ha ucciso 13 persone. Si teme che il bilancio delle vittime possa aumentare in quanto alcuni degli oltre 10 feriti risultano gravi. Da due mesi la capitale afghana sperimenta un’escalation di violenze: quello di oggi è già il secondo attacco in due giorni. L’attentato avviene al termine della visita a sorpresa del Segretario della Difesa statunitense, Robert Gates; mentre l’esercito afghano avanza la richiesta di maggiore addestramento ed equipaggiamento bellico per far fronte all’offensiva talebana.
Tra gli analisti, però, si torna a ribadire che la situazione afgana è “irrisolvibile solo con l’intervento militare. Serve un maggiore sforzo politico e diplomatico, che in coordinamento con le autorità locali compia interventi mirati per una ricostruzione efficace”.
 
Il kamikaze di oggi si è fatto esplodere a Chihulsutoon - a sud di Kabul - contro un autobus che trasportava personale dell'esercito afghano. Secondo il ministero della Difesa, sono morti sei militari e sette civili. Ieri, invece, in un altro attacco suicida ad un convoglio Nato vicino all’aeroporto della capitale ha ferito 22 civili afghani.
 
“La situazione non accenna a migliorare – dicono da Kabul alcuni esperti – la violenza cresce e la permanenza delle truppe internazionali è necessaria, finché l’Afghanistan non avrà un esercito nazionale preparato e un corpo di polizia affidabile. Altrimenti il Paese piomberà in un caos maggiore”. Le dichiarazioni di Gates che esorta i partner (europei) della Nato a “dedicare maggiori risorse allo sforzo bellico”, altrimenti ogni progresso compiuto sul campo “andrà perso”, rispondono alcuni operatori umanitari impegnati in Afghanistan. “Solo l’impegno militare non basta – suggeriscono -  vanno intensificati gli sforzi politici e gli interventi nella ricostruzione”. Il problema - denunciano - è che si costruiscono scuole, ospedali e strutture che gli afghani poi non sono in grado di gestire, perché ad esempio non hanno insegnanti o personale medico. Andrebbe quindi perseguito un maggiore coordinamento tra i donatori e le autorità”. Inoltre lo scontento tra la popolazione cresce: la disoccupazione rimane alta, aumenta il costo della vita, mentre i salari sono stazionari e per di più il divario tra le retribuzioni di impiegati in strutture internazionali e quelli statali è enorme e genera tensioni sociali.
 
Un recente sondaggio condotto per conto di emittenti televisive occidentali indica che solo il 42% degli afghani considera positivi gli sforzi condotti dagli Usa, rispetto al 68% del 2005 e al 57% dello scorso anno. I sondaggi indicano anche che il sostegno per i talebani è invece in crescita. Il 23% dei residenti nel sudovest del Paese, dove è più diffusa la violenza, affermano di sostenere i militanti islamici, il triplo rispetto al 2006. Negli ultimi 11 mesi sono almeno 6200 le vittime delle violenze in Afghanistan.