Onu contro la giunta birmana: progressi troppo "lenti"
Il Consiglio di sicurezza critica lo scarso impegno del governo birmano nella soluzione della crisi, generata dopo la repressione dei monaci a settembre. L’inviato speciale Gambari chiede di visitare il Myanmar a fine mese, ma per i generali non se ne parla fino a metà aprile.
New York (AsiaNews/Agenzie) – Sono troppo “lenti” i progressi verso una soluzione della crisi birmana. La preoccupazione è stata espressa ieri dal Consiglio di sicurezza dell’Onu che in un comunicato ufficiale invita la giunta ad aprire un maggiore dialogo con i leader dell’opposizione democratica. Primi tra tutti, la Nobel Aung San Suu Kyi, da anni agli arresti domiciliari.
 
Il regime militare nella ex Birmania è stato fortemente criticato l’anno scorso per la repressione violenta delle manifestazioni anti-governative guidate dai monaci buddisti a fine settembre. Il bilancio ufficiale delle vittime è fermo a 11 persone. Migliaia gli arresti e centinaia le persone scomparse, tanto che fonti diplomatiche e di organizzazioni per i diritti umani sostengono che la cifra dei morti per mano dell’esercito sia molto maggiore.
 
Ieri, dopo un incontro con il Consiglio di Sicurezza, l’inviato speciale Onu per il Myanmar Ibrahim Gambari ha reso nota la sua richiesta al governo birmano di poter visitare il Paese entro fine gennaio. La risposta ottenuta dai generali, però,  non prevede l’arrivo del diplomatico prima di “metà aprile”. Secondo le Nazioni Unite si sta procedendo troppo lentamente nel raggiungere gli obiettivi fissati lo scorso ottobre, tra cui: un dialogo “sincero” tra governo ed esponenti democratici; l'abolizione degli arresti domiciliari per la Suu Kyi e la liberazione dei leader politici dell'opposizione attualmente in carcere.
L’11 gennaio Aung San Suu Kyi ha incontrato per la quarta volta il ministro del Lavoro, Aung Kyi, nominato in autunno rappresentante del regime con il compito di tenere i contatti con la stessa Suu Kyi. Alcuni esponenti della diplomazia internazionale vedono in questi appuntamenti il segno di un “dialogo possibile” con i generali. Ma di fatto si tratta di iniziative di facciata. Alcuni esperti in Birmania fanno notare che “non si tratta di colloqui, ma solo di incontri” volti ad allentare le pressioni internazionali.