Dopo l’accordo, proseguono i lavori per estrarre il petrolio dal Mar Caspio
Lo stato kazako ha ottenuto dal Consorzio di imprese estere un “risarcimento” per il ritardo nella produzione dal giacimento di Kashagan (forse 4 miliardi di dollari) e una maggior percentuale di quote nel Consorzio. L’ExxonMobil ha tolto all’italiana Eni il ruolo di capofila.

Astana (AsiaNews/Agenzie) – La rinegoziazione tra il governo kazako e il Consorzio di imprese guidato dall’italiana spa Eni per lo sfruttamento del giacimento petrolifero di Kashagan, nell’alto Mar Caspio, si è concluso a favore di Astana, che ha dimostrato la capacità di imporsi a importanti imprese petrolifere. Ma anche a favore della statunitense ExxonMobil, che ha tolto all’Eni il ruolo leader del Consorzio.

Il presidente Nursultan Nazarbayev ha annunciato in tv che “ora è stata ripristinata la bilancia della giustizia”. Il quotidiano Megapolis ha parlato di “Grande vittoria per il petrolio” e che la ditta “KazMunayGaz [Kmg] e il governo hanno mostrato chi comanda”.

Il giacimento di Kashagan, nell’alto Mar Caspio, stimato pari a 13 miliardi di barili di greggio e capace di produrre oltre un milione di barili al giorno, è considerato il maggior giacimento scoperto da 35 anni. Nel 1997 il governo kazako ne ha concesso l’esplorazione e lo sfruttamento a un consorzio di società, quali ExxonMobil, Royal Dutch Shell, Eni (capofila del consorzio dal 2001), Total, ConocoPhillips, la giapponese Inpex e la compagnia statale Kmg, in cambio del 2% dei previsti guadagni, cifra stimata in 120 milioni di dollari l’anno, per i primi dieci anni. Ma le opere sono risultate più difficili del previsto e il Consorzio nel 2007 ha annunciato che la produzione sarebbe iniziata solo nel 2010 e che i costi iniziali sarebbero stati di 136 miliardi, circa il doppio del previsto. Il ritardo ha molto contrariato Astana, che punta sul giacimento per alimentare la sua economia, realizzare strutture ed entrare tra i 10 Paesi principali produttori di energia. Il governo nell’agosto 2007 ha risposto chiedendo l’aumento della quota posseduta dalla Kmg ed il pagamento di una somma per compensare i mancati previsti introiti. La trattativa è stata difficile, anche per l’opposizione della statunitense Exxon, e si è conclusa solo il 13 gennaio con un memorandum of understanding (un accordo di massima non impegnativo che anticipa un probabile accordo ufficiale). Il governo kazako ha ottenuto un “risarcimento” tra i 2,5 e i 4,5 miliardi di dollari (da determinare in base al prezzo del greggio) e l’aumento delle quote della Kmg dall’8,33% al 16,81% (pari a quella delle società Eni, Exxon, Shell e Total, che riducono la loro quota dal 18,52% al 16,81%) dietro pagamento di 1,78 miliardi di dollari, valutazione molto inferiore al valore di mercato.

Astana ha peraltro dimostrato che, seppure abbia bisogno degli  investimenti e della tecnologia esteri per sfruttare le proprie risorse, essa è pronta a pretendere il rispetto degli impegni.

La trattativa è stata complessa soprattutto per la rigida posizione presa dalla Exxon, dopo che le altre società erano pronte a dicembre ad accettare una precedente proposta. Tra le nuove condizioni dell’accordo di gennaio, l’Eni perde il ruolo di capofila assunto dal 2001, ruolo delicato per la complessità delle operazioni e il denaro da gestire. Ora la direzione del progetto sarà condivisa dai principali partner (ExxonMobile, Total e Shell). Per questo analisti hanno commentato che la trattativa ha celato anche questo scontro interno, conclusosi a favore della ditta Usa.