L’espansione a Occidente della Socar, a danno della Russia
La compagnia petrolifera statale dell’Azerbaigian progetta raffinerie in Turchia, Ucraina ed Europa centrale. Invia energia in Europa tramite l’oleodotto fino a Ceyhan e per il porto georgiano di Kulevi. Progetta accordi con Kazakistan e Turkmenistan. Esperti: è incerto di quanta energia disponga.

Baku (AsiaNews/Agenzie) – Aumenta la produzione della Compagnia petrolifera statale dell’Azerbaigian (Socar), che cerca di diffondersi in Turchia e nell’Europa centrale per rendere il suo Paese una via alternativa agli oleodotti russi. Grande è l’interesse nell’Europa affamata d’energia, ma l’interrogativo è di quanto petrolio e gas possa disporre il piccolo Stato.

L’oleodotto dalla capitale Baku a Tblisi (Georgia) a Ceyhan in Turchia, è tuttora la principale alternativa al dominio russo. Realizzato da un consorzio che comprende la Socar, l’italiana Eni e la Total, ha trasportato 28,5 milioni di tonnellate di greggio nel 2007. Ceyhan è diventata un primario centro europeo per il commercio del greggio e la Socar progetta di costruirci una raffineria di 4 miliardi di dollari con una capacità di 10 milioni di tonnellate annue.

Intanto la Socar ha costituito una forte presenza nella vicina Georgia, dove partecipa alla rete di distribuzione del gas del Paese. Il presidente della Socar Rovnag Abdullayev, il 2 febbraio ha annunciato l’inaugurazione di un terminal petrolifero nel porto georgiano a Kulevi, sul Mar Nero, per metà febbraio, con una capacità di 10 milioni di tonnellate annue. Il petrolio, arrivato per treno a Kulevi, sarà imbarcato verso l’Europa.

Secondo analisti la Socar vuole dotarsi di un adeguato sistema di trasporto, distribuzione e raffinamento di greggio nell’Europa centrale, per attirare l’energia di Kazakistan e Turkmenistan e coinvolgerli nella costruzione di un oleodotto attraverso il Mar Caspio, cui pure sono interessati, tra gli altri, Georgia, Ucraina, Moldavia, come pure i capitali delle imprese europee che cercano alternative al monopolio russo. Per questo il 17 agosto 2007 il Vicesegretario di Stato Usa, Daniel Sullivan, è stato a Baku a discutere di cooperazione e gli Usa pagheranno 1,7 milioni di dollari per studiare la possibilità di un oleodotto dal Kazakistan per il Mar Caspio fino all’Azerbaigian. Possibilità che Astana e Baku discutono da tempo.

Il ministro per l’Energia e l’industria, Natig Aliyev, ha detto all’agenzia Eurasianet che il governo “ha già ricevuto offerte da diversi Paesi –Ucraina, Romania, Bulgaria, Polonia e Bielorussia”, per realizzare raffinerie sul loro territorio e che sta studiando il modo migliore per farlo. A gennaio il presidente ucraino Viktor Yushchenko, dopo un incontro con il presidente azerbagio Ilham Aliyev, ha annunciato che la Socar costruirà una raffineria in Ucraina per il fabbisogno interno.

In questa ottica è sempre meno utilizzato l’oleodotto Baku-Novorossiisk: la Socar si è impegnata a esportare 5 milioni di tonnellate di greggio l’anno in Russia, ma ora ne porta molto meno.

In attesa dei possibili accordi con Kazakistan e Turkmenistan, l’interrogativo è quanta energia abbia Baku. La Socar nel 2007 ha esportato almeno 8 milioni di tonnellate di greggio, contribuisce per circa il 15% all’intero Prodotto interno lordo del Paese, e ha più di 50mila dipendenti. Nel 2007 ha prodotto 5 miliardi di metri cubi di gas e prevede di superare gli 8 miliardi nel 2008. Ha aperto uffici in Gran Bretagna, Romania, Turchia e Svizzera. Secondo un rapporto del 4 febbraio dell’agenzia Trend Capital, il Paese prevede di ricavare dall’esportazione di energia 400 miliardi di dollari entro il 2024, il doppio di quanto aveva stimato in precedenza. Questo mercato è essenziale per aumentare il basso tenore di vita della Nazione.

Ma esperti osservano che non ci sono studi che dimostrino l’effettiva consistenza dei giacimenti della Socar e, quindi, la possibilità di assicurare l'operatività del terminale di Kulevi e della prevista raffineria di Ceyhan, per un tempo sufficiente a recuperare i pesanti investimenti necessari.

L’espansione della ditta è anche ostacolata da una non buona fama internazionale, collegata alla corruzione diffusa nel Paese. (PB)