Per la prima volta in tribunale testimoniano le vittime dei Khmer Rossi
La sessione esamina la richiesta di liberazine avanzata da Nuon Chea, considerato l’ideologo del regime. Una giovane, imprigionata quando aveva sette anni: “il cimitero era il nostro campo giochi”.
Phnm Penh (AsiaNews/Agenzie) – Per la prima volta, alcune vittime del sanguinario regime dei Khmer Rossi hanno potuto lanciare le loro accuse direttamente nei confronti di uno dei maggiori responsabili di un genocidio costato quasi due milioni di morti.
 
I sopravvissuti sono infatti intervenuti per testimoniare contro Nuon Chea, il “Fratello numero due” del regime dei Khmer Rossi, davanti al tribunale voluto dalle Nazioni Unite. L’ormai 85enne ex vice del dittatore Pol Pot, considerato l’ideologo del regime, è il maggior esponente in vita del sanguinario governo comunista che tra il 1975 ed il 1979 provocò la morte di circa il 20% dell’intera popolazione. Il tribunale composto da giudici nazionali ed internazionali lo accusa di crimini contro l’umanità. Nuon Chea ha chiesto di poter uscire su cauzione e contro tale ipotesi si è schierata una delle persone ascoltate.
 
Theary Seng, che è parte civile nel processo, ha raccontato di essere stata arrestata quando aveva sette anni, con suo fratello più piccolo ed i suoi genitori, che sono morti. “Un arresto arbitrario, senza processo, senza informarci dei nostri diritti”. “Ci trattavano in modo inumano, il cimitero era il nostro campo giochi”.