Pechino 2008, Steven Spielberg boicotta
Il regista statunitense rinuncia alla carica di “consigliere artistico” e accusa Pechino di non fare abbastanza per migliorare la situazione del Darfur. Un gruppo di vincitori del Premio Nobel invita Hu Jintao a fare pressione sul Sudan.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Il regista americano Steven Spielberg rinuncia alla carica di “consigliere artistico” per le Olimpiadi di Pechino. In un documento pubblicato ieri, accusa inoltre la Cina di non fare abbastanza per interrompere “le continue sofferenze umane” nella travagliata regione del Darfur.

Nel testo, Spielberg scrive: “La mia coscienza non mi permette di trattare questa questione come se fosse un semplice lavoro. Arrivato a questo punto, non devo più spendere tempo per le cerimonie olimpiche, ma devo fare tutto ciò che posso per fermare i crimini contro l’umanità che vengono commessi in Darfur”. 

Nel frattempo, un gruppo composto da vincitori del premio Nobel ha inviato una lettera al presidente cinese Hu Jintao per chiedere di fare pressione sul Sudan – alleato di Pechino – affinché interrompa le atrocità nella regione. Come partner economico-militare e membro del Consiglio di Sicurezza Onu, scrivono, “la Cina, che ospiterà le prossime Olimpiadi, ha l’opportunità e la responsabilità di contribuire per la pace in Darfur”.

Dopo oltre 4 anni di conflitti derivati da un conflitto civile, in Darfur sono morte oltre 200mila persone, mentre altre 2,5 milioni sono state costrette a scappare. Il governo sudanese continua ad attaccare le città della regione occidentale, ma nega le numerose morti registrate dagli organismi internazionali.

Negli ultimi 6 anni Pechino è stato il principale sostenitore del governo sudanese, comprando il 70% delle esportazioni di Khartoum e vendendo armi e forniture militari. Il Sudan è il Paese estero in cui la Cina ha maggiori investimenti; circa 10mila cinesi lavorano nel paese. La Cina ha investito 1,6 milioni di miliardi di euro in Sudan, costruendo pozzi petroliferi, 600 km di oleodotti, raffinerie e porti.

Pechino si è sempre opposta, ponendo anche il veto, ad ogni intervento della comunità internazionale nella regione: qui, sostiene, è in corso una ribellione di cui si deve fare carico il governo legittimamente eletto.