India e Nepal bloccano le manifestazioni tibetane anti-Cina
di Nirmala Carvalho
Delhi ferma la “marcia di ritorno” da Dharamsala dei tibetani in esilio: “Viola gli accordi secondo cui non devono svolgersi manifestazioni anti-Cina”. Kathmandu arresta 130 attivisti. E a Lhasa decine di bonzi arrestati perché protestavano pacificamente.
Dharamsala (AsiaNews) – Sulla questione tibetana ancora una volta vince la diplomazia sul rispetto dei diritti umani. Le manifestazioni pacifiche organizzate ieri da tibetani in esilio e in patria sono state bloccate e hanno portato all’arresto di decine di monaci. I manifestanti volevano, in diversi modi, ricordare così l’anniversario della repressione della rivolta dei tibetani contro l’esercito cinese occupante nel 1959.
 
A Dharamsala, India del nord, gli agenti hanno bloccato centinaia di tibetani impegnati nella “marcia di ritorno” verso il Tibet. Qui avevano intenzione di arrivare i primi di agosto, in segno di protesta contro l'occupazione cinese della regione himalayana e lo svolgimento dei prossimi Giochi olimpici a Pechino. Il capo della polizia di Dharamsala, sede del governo tibetano in esilio, ha spiegato che un ordine da New Delhi vieta ai manifestanti di lasciare l'area. Secondo le autorità indiane, l’iniziativa “viola l’intesa tra il governo e il Dalai Lama secondo la quale sul territorio dell’Unione non si sarebbero svolte attività politiche contro la Cina”. Tsewang Rigzin - presidente del Congresso dei giovani tibetani, tra gli organizzatori della marcia – spiega ad AsiaNews: “Siamo grati dell’ospitalità all’India, ma rimane il fatto che siamo dei rifugiati che vogliono tornare a casa, alcuni di noi sono nati in esilio ed è così emozionante pensare di toccare il suolo tibetano per la prima volta. Nonostante la Cina, la nostra resistenza continuerà”.
 
A Boudhanath, uno dei più grandi templi buddisti del Nepal, nella capitale Katmandu, la polizia ha sparato gas lacrimogeni per fermare circa 500 persone che volevano dirigersi verso l’ambasciata cinese per protestare. Negli scontri sono stati arrestati 130 attivisti.
 
Stesse scene a Lhasa, in Tibet. Qui, secondo Radio Free Asia, 300 monaci hanno marciato dal monastero Drepung per chiedere il rilascio dei bonzi arrestati l’anno scorso dopo che il Dalai Lama aveva ricevuto la Medaglia d'oro del Congresso Usa. Le autorità hanno fermato il gruppo ad un posto di blocco e hanno arrestato tra i 50 e i 60 monaci. “Forze della polizia armata del Popolo – riferiscono i testimoni – hanno circondato i monasteri a Lhasa e dintorni”.
 
Pechino afferma che il Tibet è parte integrante della Cina, mentre i tibetani sostengono di essere stati indipendenti per secoli. Le frontiere della regione himalayana sono controllate dai militari cinesi che sparano a chiunque osa varcarle nei due sensi.