Hu Jintao accende la torcia olimpica a Tiananmen, proteste ad Atene
Inizia il viaggio del simbolo olimpico, che correrà per 137mila chilometri prima di tornare nella capitale cinese. I ministri degli Esteri europei chiedono alla Cina un “dialogo costruttivo” con il Tibet, e ad Atene un gruppo di manifestanti protesta contro l’invio della torcia a Pechino.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Il presidente Hu Jintao ha “riacceso” questa mattina la torcia olimpica insieme ai più famosi atleti cinesi, nonostante continui nel mondo la protesta per la dura repressione delle manifestazioni indipendentiste del Tibet.
 
Nella piazza Tiananmen, davanti a migliaia di persone, il presidente ha acceso la torcia e l’ha poi passata a Liu Xiang – saltatore ad ostacoli famoso in tutto il mondo – che ha ufficialmente aperto la corsa intorno al mondo del fuoco olimpico. Questo viaggerà per 130 giorni in 20 nazioni, partendo dal Kazakistan, per un totale di 137mila chilometri. Tornerà a Pechino il 6 agosto, due giorni prima l’apertura ufficiale dei Giochi.
 
Xi Jinping, vice presidente cinese e curatore ufficiale delle Olimpiadi, dice: “Oggi si corona il nostro sogno di ospitare questa manifestazione. La torcia ed il suo viaggio uniranno la forza di tutta la nazione, che insieme renderà i Giochi unici e ben gestiti”. La cerimonia era vigilata da migliaia di poliziotti in divisa e in borghese per evitare e soffocare ogni manifestazione di dissenso.
 
Il simbolo delle Olimpiadi è partito ieri da Atene in aereo, ma gruppi di manifestanti ha cercato di impedirne l’invio: secondo gli attivisti, la torcia rappresenta i valori olimpici di pace ed uguaglianza, e “non può essere affidata al governo cinese, che giorno dopo giorno dimostra di non rispettarli”.
 
La protesta greca nasce anche dal “tiepido atteggiamento” dei ministri degli Esteri dell’Unione europea, che il 29 marzo scorso hanno lanciato un appello a Pechino per un “dialogo costruttivo” con i manifestanti tibetani. In risposta, Jiang Yu - portavoce del ministero degli Esteri cinese – ha dichiarato: “Il Tibet è un affare completamente interno della Cina. Nessun Paese straniero o organizzazione internazionale ha il diritto di interferire al riguardo”.
 
Secondo le autorità cinesi, le violenze cominciate nel Tibet il 10 marzo scorso hanno causato 19 morti, tutti “civili cinesi innocenti”. Il governo tibetano in esilio afferma invece che la repressione cinese in Tibet e nelle province cinesi abitate da tibetani ha provocano circa 140 morti, di cui almeno la metà monaci.