Accolta l’accusa: il partito di Erdogan è contro la costituzione
di Mavi Zambak
La Corte costituzionale lascia un mese di tempo all’Akp per difendersi. Il partito islamico al potere rischia la chiusura e i suoi capi, fra cui il presidente e il primo ministro, rischiano l’allontanamento per 5 anni dalla vita politica.

Ankara (AsiaNews) - Dopo ben quattro ore di seduta la Corte costituzionale turca si è pronunciata accogliendo l’atto di accusa presentato il 14 marzo scorso, dalla Yargitay, la Procura generale della Repubblica, che denuncia il partito di Erdogan come incostituzionale. L’Akp è il partito islamico-moderato per la Giustizia e lo Sviluppo,  partito di maggioranza, vincitore alle scorse elezioni con il 46.6% dei voti (16,5 milioni di elettori ). L’Akp rischia così la chiusura immediata e la radiazione per cinque anni dalla vita politica del Paese di 71 suoi membri. Fra questi ci sono anche il presidente della Repubblica Abdullah Gul, il capo del Governo Recep Tayyip Erdogan e alcuni ministri dell'attuale Esecutivo e numerosi sindaci del Paese. L’accusa precisa è di aver attentato ai valori laici della repubblica fondata da Ataturk. L’Akp ha tempo un mese per presentare la sua difesa, ma ai più appare un’impresa decisamente ardua.

Se è vero infatti che nuovi emendamenti costituzionali introdotti proprio dall'Akp, al governo da oltre cinque anni, hanno reso più difficile la messa al bando di un partito, ci sono prove schiaccianti che i principi della Costituzione sono stati in effetti violati.

Nel suo rapporto di 162 pagine, corredate da estratti audio e video il procuratore generale Yalcinkaya ha raccolto tutti i dati della deriva islamica dell'Akp: direttive del partito sul divieto di vendere alcolici, creazione di spazi per sole donne nei luoghi pubblici, distribuzione di copie del Corano con il logo del partito islamico, sono solo alcuni dei numerosi esempi riportati.

 “Non è possibile attendere sino a quando il partito sarà riuscito a stabilire il modello di stato che preconizza”, scrive il procuratore, “per giustificare la decisione di procedere con un formale ricorso. In Turchia è evidente che i movimenti dell’Islam politico e il partito in questione aspirano a stabilire un sistema fondato sulla sharia piuttosto che sullo stato di diritto”.

Le accuse trovano conferma anche nell’opinione pubblica e nella vita di tutti i giorni. E se è vero che il Paese è spaccato in due, sono molto di più coloro che dopo questa sentenza hanno emesso un respiro di sollievo. Pareva che tutto filasse troppo liscio e che più nessuno potesse bloccare questa impennata di islamizzazione: l'accoppiata primo ministro-presidente al partito islamico, l'abolizione del divieto di indossare il velo nelle università, l’aumento indiscriminato dei corsi di Corano e le donne sempre più coperte…. Il potere laico ha trovato il modo di porre un freno a tutto ciò con il golpe giudiziario. Così l’Akp ora si trova fuorilegge.

Saprà trovare altrettante “pezze giustificative” per difendere il suo invischiarsi con la religione in questi anni? Ne va a rischio la salute economica del Paese già afflitto da una sempre più galoppante inflazione e, ancor più l’immagine della democrazia turca.