Blasfemia: tre filippini in carcere a Sharjah e un turco rischia la vita a Gedda
I tre sono accusati, negli Emirati, di aver strappato una pagina del Corano, testimone il dipendente dell’azienda che li ha licenziati. In Arabia Saudita si apre il processo di appello per un barbiere che è stato condannato a morte per aver bestemmiato.
Dubai (AsiaNews/Agenzie) – Sono in prigione a Sharjah tre operai filippini, accusati di blasfemia in quanto avrebbero strappato e scarabocchiato una pagina del Corano. A quanto riferito da un quotidiano locale, The National, a testimoniare contro di loro è un impiegato della società per la quale i tre lavoravano e con il capo della quale era in atto una controversia, finita con il licenziamento dei tre e di altri sette loro colleghi. Gli operai si sono così visti ritirare il permesso di lavoro, atto, quest’ultimo, che porta alla espulsione dello straniero.
 
La vicenda, avvenuta a Sharjah – uno dei più conservatori degli Emirati arabi uniti – è stata confermata al giornale da un funzionario del consolato filippino e riporta d’attualità la questione del reato di blasfemia nella penisola araba, proprio mentre arriva in appello, in Arabia Saudita, la vicenda di un barbiere turco condannato a morte con l’accusa di aver inveito contro Dio e il profeta Maometto. Secondo quanto sostenuto da due testimoni, il fatto sarebbe avvenuto dall’interno del negozio del barbiere, a Gedda. In questo caso c’è l’ammissione di colpa da parte dell’accusato, che tenta di sfuggire alla sentenza capitale basandosi sull’ignoranza della cultura e delle leggi locali.
 
Crea sospetti, invece la vicenda dei filippini, peraltro arrestati senza che contro di loro sia ancora aperto alcun procedimento. Nei Paesi musulmani ove esistono particolari leggi sulla blasfemia, infatti, spesso le accuse hanno la loro vera origine in rancori personali o in questioni economiche.