Per l'uso della parola Allah, il settimanale cattolico porta il governo in tribunale
Domani la prima udienza del processo che vede imputato il governo federale per violazione della libertà di espressione e religione. L’arcidiocesi di Kuala Lumpur aveva denunciato le autorità dopo il divieto imposto al giornale sull’uso della parola “Allah”. Mons. Pakiam: la legge è dalla nostra parte.
Kuala Lumpur (AsiaNews) – È stato aggiornato a domani, 29 aprile, il processo che vede contrapposti il governo della Malaysia e l’arcidiocesi di Kuala Lumpur, che rivendica il suo diritto di usare la parola “Allah” nel settimanale cattolico, Herald. Tra dicembre e gennaio scorso, il caso aveva sollevato forti polemiche e le accuse di minoranze e attivisti alle autorità malaysiane, colpevoli di violare la libertà d’espressione e di religione.
 
Il braccio di ferro sull’uso della parola ‘Allah’ è solo un altro capitolo delle difficoltà in cui si trova il Paese a maggioranza musulmana, dove una Costituzione laica è affiancata all’attività delle corti islamiche incaricate di applicare la sharia. Il 10 dicembre il ministero per la Sicurezza interna – che sovrintende ai permessi per i media – aveva proibito la pubblicazione della sezione in lingua malay dell’Herald e aveva messo in guardia il giornale dall’usare la parola “Allah” per definire il Dio cristiano, rivendicandone l’uso solo per i musulmani. P. Andrew Lawrence, il direttore, era stato costretto ad accettare l’imposizione, ma l’arcidiocesi ha deciso di denunciare il governo.
 
L’arcivescovo della capitale, mons. Murphy Pakiam, sostiene che il ministro della Sicurezza interna e il governo federale stanno sbagliando. “Abbiamo il diritto di usare la parola ‘Allah’ e questo diritto ha le sue radici nell’art. 10 della Costituzione (libertà d’espressione) e nell’art. 11 (libertà di praticare la propria religione)”, spiega lo stesso presule in un articolo del prossimo numero dell’Herald. Mons. Pakiam riferisce inoltre di ricevere continue pressioni dal governo per conformarsi alle “direttive”. Allo stesso tempo arrivano numerose anche le minacce, che hanno creato un clima di “apprensione”. Il vescovo conclude definendo “irragionevole e irrazionale” la giustificazione del ministero secondo cui l’uso della parola “Allah” sia una “questione di sicurezza interna, perché può creare confusione e danneggiare l’ordine pubblico”. In 13 anni di pubblicazione – aggiunge – nessun articolo dell’Herald è stato causa di incidenti.