Processo a Tareq Aziz, vescovo di Kirkuk: “giustizia, ma nel rispetto dell’uomo”
Dopo 5 anni di detenzione l’ex vice premier di Saddam si presenta davanti al giudice, imputato per l’esecuzione di decine di commercianti nel ‘92. Unico cristiano nell’entourage del raìs è citato, erroneamente, come prova del favore “goduto” da questa comunità sotto la dittatura. Ora rischia la pena di morte.
Baghdad (AsiaNews) – “Giustizia, ma nel rispetto dei diritti umani e della dignità della persona, contro ogni condanna capitale”, è l’appello che l’arcivescovo caldeo di Kirkuk, mons. Louis Sako, lancia oggi all’apertura del processo che vede imputato, e a rischio di pena di morte, l'ex vice premier iracheno Tareq Aziz, unico cristiano ai vertici del regime di Saddam Hussein.
 
Volto pubblico internazionale della dittatura del raìs, è accusato dell'esecuzione di 42 commercianti nel 1992, colpevoli di avere speculato sui prezzi dei generi alimentari, in violazione dei controlli di Stato. L’ex ministro degli Esteri, cristiano caldeo, è spesso citato come prova del favore che i cristiani avrebbero goduto sotto Saddam. “Niente di più falso”, dicono alcuni caldei iracheni profughi in Italia. Nato nel 1936, vicino Mosul da famiglia caldea, Tareq Aziz ha sempre messo in secondo piano la sua appartenenza religiosa, presentandosi prima di tutto come arabo iracheno e membro del Baath. Ha cambiato il suo nome originale, Michael Yohanna, per uno meno compromettente. Davanti alla nazionalizzazione delle scuole cristiane “non ha mosso ciglio”, stessa cosa con il provvedimento per l’insegnamento obbligatorio del Corano.
 
In un’intervista ad AsiaNews del 2003, mons. Jean Benjamin Sleiman, arcivescovo di Baghdad per i cattolici latini, spiegava che “Tareq Aziz non era vice premier perché cristiano, ma perché era un grande amico di gioventù di Saddam. Con lui aveva compiuto anche alcune stragi nei loro primi anni di azione e aveva contribuito alla presa di potere del partito Baath”. Lo stesso presule ricordava che “spesso come minoranza cristiana ottenevamo concessioni non da Aziz, ma da altri ministri musulmani”.
 
E' la prima volta, da quando si è arreso alle forze Usa nell'aprile 2003, che Aziz, 72 anni, risponde delle accuse che gli sono contestate. Il suo avvocato definisce “infondate” le accuse. A presiedere il processo è il giudice curdo Rauf Rasheed Abdel, lo stesso che pronunciò la condanna a morte di Saddam Hussein. Al banco degli imputati insieme ad Aziz anche altri sette gerarchi dell'ex regime, tra cui il fratellastro di Saddam, Watban Ibrahim Al Hassan, e "Ali il chimico", già condannato a morte a giugno per il suo ruolo nella campagna Anfal negli anni ‘80, in cui furono uccisi decine di migliaia di curdi.