“Regolari” le votazioni a tutti i costi, in un Paese distrutto
La giunta sospende gli aiuti a 1,5 milioni di sopravvissuti bisognosi di riparo e cibo, per dislocare l’esercito sui seggi. Intanto confisca materiale da tutto il Paese con la scusa dei soccorsi. Proteste degli esuli birmani in Giappone, Malaysia, Thailandia.

Yangon (AsiaNews) – La giunta militare del Myanmar ha fatto “regolarmente” votare oggi il referendum per l’approvazione della Costituzione, indifferente ad almeno 1,5 milioni di persone colpite dal ciclone Nargis, la cui situazione si aggrava di ora in ora. Dimostrazioni di protesta in Giappone, Malaysia e Thailandia.

Secondo gli esperti ulteriori ritardi nei soccorsi possono causare un “secondo disastro” tra i sopravvissuti, senza ripari né viveri e vulnerabili a malaria e dissenteria. Decine di migliaia di corpi giacciono insepolti e le strade sono bloccate da alberi e terra. Ma la tv di Stato non ne parla, manda in onda uno spot con cinque giovani donne con vesti vivaci che cantano allegre canzoni che invitano ad “andare a votare”, e ripete ai cittadini che è “dovere civico” approvare la Costituzione scritta dai militari per legittimare il loro potere. La situazione è talmente grave che le Nazioni Unite, dopo avere ieri sospeso gli aiuti perché utilizzati dalla Giunta per propri fini, dopo poche ore li hanno ripristinati nella speranza che comunque giungessero alle vittime. Ma ora l’esercito non si occupa di soccorso, per vigilare sul voto. solo nelle zone devastate, come Yangon e la regione di Irrawaddy, il voto è stato “rinviato” di due settimane.

La giunta birmana continua a centellinare i permessi di ingresso alle organizzazioni umanitarie internazionali e sta imponendo a tutti i cittadini (in scuole, uffici, a casa e nelle associazioni) di ”contribuire con offerte” agli aiuti per le vittime di Nargis. In realtà si tratta di una vera e propria ruberia, rivelano le fonti di AsiaNews nel sud del Paese: i militari confiscano materiale da negozi, fabbriche e imprese senza che nessuno possa opporsi. L’ennesima violazione commessa ai danni di una società già ridotta in ginocchio da decenni di ottusa politica di regime.

Negli Stati vicini centinaia di esuli birmani hanno protestato. A Kuala Lumpur circa 500 persone, con t-shirt con scritto “NO” (al referendum) e cartelli con scritto “Il ciclone Nargis e la giunta sono assassini”, si sono raccolti davanti all’ambasciata birmana, molti pregando in silenzio. Uno dei leader, Than Tun Aung, ha osservato che “da troppo tempo i militari puntano il fucile contro la nostra gente, non possono averne ora pietà per il ciclone”. Proteste anche nelle strade di Tokyo e davanti all’ambasciata birmana di Bangkok.