Conferenza donatori, per gli afghani non cambierà niente
Cooperanti presenti nel Paese e stampa locale si dicono “scettici” sui risultati della Conferenza di Parigi. All’Afghanistan non mancano soldi, ma una classe politica preparata, una polizia non corrotta, case e un programma di sviluppo che abbia come reale obiettivo la crescita del Paese.
Kabul (AsiaNews) – Gli afghani continuano a non vedere i risultati delle varie conferenze dei donatori che dal 2001 ad oggi si sono susseguite “a sostegno” del Paese e della sua ricostruzione. E la responsabilità maggiore va ricercata prima di tutto nella dilagante corruzione, che permea in modo trasversale la società. Lo raccontano ad AsiaNews alcuni operatori umanitari, da anni a Kabul, commentando la chiusura della Conferenza di Parigi che ieri ha raccolto circa 20 miliardi di dollari per il governo Karzai.
 
I cooperanti, che chiedono l’anonimato, si dicono “scettici” sull’effettiva utilità di eventi che risultano “più mediatici, che volti in concreto al bene del Paese”. Anche i media locali, come il giornale in lingua inglese Outlook, esprimo perplessità e criticano lo Stato per la cattiva gestione dei fondi esteri, chiedendosi “in tasca di chi andrà a finire l’ennesimo fiume di dollari in arrivo?”.
La somma raccolta ieri è la prova di una sempre minore fiducia che buona parte della comunità internazionale ormai accorda alla classe dirigente afghana. Karzai aveva chiesto 50 miliardi di dollari per applicare un piano quinquennale che garantisca all’Afghanistan strade, centrali energetiche, dighe, ma anche un esercito e un sistema di sicurezza in grado di rendere efficienti il controllo e la difesa del territorio.
 
Finora, però, Kabul si è mostrata incapace di mettere a frutto le ingenti donazioni: la produzione di oppio è aumentata, come pure le operazioni dei talebani. Dal canto suo anche la comunità internazionale ha le sue colpe. Ha inviato aiuti in misura inferiore a quelli promessi: dal 2001 dovevano essere 25 miliardi, mentre quelli consegnati sono stati in realtà 15 miliardi. Un recente rapporto della Banca mondiale, inoltre, denuncia che quasi il 70% delle spese per lo sviluppo tornano indietro ai Paesi donatori nei compensi per varie figure di consulenti ed esperti.
“Sono molti i soldi arrivati in Afghanistan – dichiarano i cooperanti – e in alcune zone gli eserciti lavorano bene per la ricostruzione e la gente gliene è grata; in generale, però, quello che si vede nel Paese è il proliferare dell’edilizia privata, con ville, hotel, supermercati, grandi magazzini, ma ad esempio nessun piano per edilizia popolare”. Gli altri problemi la cui soluzione rimane primaria sono: la produzione di oppio, il narcotraffico, la corruzione della polizia, l’occupazione, la sanità e l’istruzione. “Tutto questo – concludono – sommato all’assenza di una classe politica preparata in grado di studiare piani razionali di sviluppo e portarli avanti, non fanno al momento ben sperare per il futuro dell’Afghanistan”, che il prossimo anno affronta le elezioni generali.