Il Pakistan bandisce la pena di morte
di Qaiser Felix
L’iniziativa voluta dal premier per onorare la memoria di Benazir Bhutto è stata ratificata dal governo, ora si attende la firma del presidente Musharraf. Apprezzamento delle associazioni per i diritti umani, che chiedono migliori programmi per il recupero dei carcerati.
Karachi (AsiaNews) – Stop alla pena di morte in Pakistan: la storica decisione, approvata dal Parlamento su iniziativa del primo ministro Yousaf Raza Gilani, dovrà essere ora sottoscritta dal presidente Musharraf per l’entrata in vigore, ma l’atto dovrebbe essere un pura formalità.
 
Ieri il Ministro dell’informazione Sherry Rehman ha annunciato il disco verde del Parlamento: bandita l’esecuzione capitale, tutte le condanne verranno ora commutate in ergastolo. Un successo personale del premier che aveva voluto fortemente la riforma per onorare l’anniversario della nascita di Benazir Bhutto, leader del Partito popolare Pakistano uccisa in un attentato lo scorso 27 dicembre.
 
"Apprezziamo la decisione del governo Pakistano" sottolinea l’attivista Nadeem Anthony, membro della Commissione per i diritti umani in Pakistan, ma ribadisce che "c’è ancora tanto da fare per il recupero dei carcerati, in modo che possano essere reinseriti in maniera attiva nella società".
 
Secondo Nadeem il numero delle "condanne" e delle "esecuzioni capitali" in Pakistan è "fra i più alti al mondo: secondo uno studio della Commissione al momento vi sono 7.500 prigionieri nel braccio della morte in attesa che la condanna venga eseguita, parte dei quali sono donne". Va infine sottolineato che "l’applicazione della pena di morte non serve a ridurre il numero dei crimini" ed essa rappresenta una "errata interpretazione della giustizia" oltre a una "negazione del diritto alla vita" che appartiene a ogni uomo.
 
Al momento non è chiaro se a beneficiare della normativa saranno anche i criminali accusati di traffico di droga, terrorismo e spionaggio. Resta forte l’opposizione degli islamismi, che vedono nella commutazione una direttiva contraria ai principi del Corano; pienamente favorevole, invece, la Chiesa cattolica che definisce la pena di morte "inumana" perché non dà nemmeno la possibilità di pentirsi.