Cercasi atleti olimpionici che a Pechino ricordino il Tibet
di Nirmala Carvalho
Gruppi pro-Tibet lanciano una campagna perché gli atleti olimpici ricordino la persecuzione in Tibet. Intanto oltre 1.000 monaci sono in carcere e saranno liberati solo dopo i Giochi.

New Delhi (AsiaNews/Agenzie) – A un mese dall’inizio delle Olimpiadi di Pechino, il gruppo Studenti per un Tibet libero (Sft), insieme a più di 150 gruppi pro-Tibet, ha lanciato la campagna “Athlete Wanted” (“Cercasi atleta”) che chiede agli atleti olimpici di parlare del Tibet, quando saranno a Pechino, per riaffermare i Giochi come un evento di libertà e fratellanza. Hanno anche lanciato il sito www.AthleteWanted.org, che indica agli atleti possibili modalità non violente per esprimere la loro solidarietà al Tibet, come sventolare una bandiera tibetana, indossare magliette con scritto “Squadra Tibet”, parlarne quando sono intervistati dai media.

Intanto oltre 1.000 monaci tibetani sono stati portati via dai 3 principali monasteri intorno a Lhasa (Sera, Drepung e Ganden) e rinchiusi in carceri lontani, come quello della città di Gormo oltre 1.000 chilometri  nord di Lhasa, “per stroncare ogni segno di dissenso durante le Olimpiadi”. La denuncia è fatta da Lhadon Tethong, direttore esecutivo di Sft,  che la definisce “l'ultimo di una serie di abusi che hanno strumentalizzato le Olimpiadi per perseguitare la richiesta tibetana di libertà e diritti umani”.

L’autorevole quotidiano The Times dice i monaci saranno liberati dopo i Giochi e rimpatriati con la forza nei villaggi natali.

Sft ricorda che solo 2 settimane fa Lhasa era sotto legge marziale per consentire il passaggio della torcia per le strade, tra due file di soldati ma senza che ci fosse un solo monaco. Denuncia che da marzo sono detenuti centinaia di tibetani, senza processo, nell'indifferenza dei leader mondiali, mentre il Comitato Olimpico appare del tutto disinteressato dal problema dei diritti umani in Tibet.

Sotto la pressione mondiale Pechino ha iniziato colloqui con inviati del Dalai Lama, ma non ha fatto concessioni e ieri, per proseguire questi colloqui, ha dettato alcune condizioni al Dalai Lama: non sostenere contestazioni antiolimpiche, compiere “azioni concrete” contro le attività del Congresso dei giovani tibetani , opporsi all’indipendenza del Tibet.

Thubten Samphel, portavoce del governo tibetano in esilio, fa notare che “Sua Santità ha dedicato l’intera vita al principio della non-violenza”, ha più volte dichiarato che non bisogna boicottare le Olimpiadi e non chiede l’indipendenza della regione ma solo una maggiore autonomia e il rispetto dei diritti umani. Il Dalai Lama ha anche chiesto di poter partecipare alla cerimonia di apertura.