Attentati in Libano, mentre il presidente Suleiman arriva a Damasco
Sono almeno 14 le vittime e una quarantina i feriti per una bomba esplosa a Tripoli, mentre una vicino Sidone non ha provocato vittime. Si ipotizza una vendetta di Fatah Islam. Solidarietà anche da Damasco, ove è giunto il presidente libanese.
Beirut (AsiaNews) – Una bomba nel nord, a Tripoli, che ha fatto almeno 14 morti e una quarantina di feirit, un’altra nel campo palestinese di Ain al-Hilweh, vicino Sidone, nel sud del Libano, che non ha provocato vittime o feriti. Le prime ipotesi parlano di una possibile vendetta di Fatah Islam, il grupo vicino ad Al Qaeda che lo scorso anno nel vcino campo di Nahar el-Bared vide suoi militanti assediatio ed eliminati dall’esercito libanese. Militari sono infatti la maggior parte - sembra nove - delle vittime di oggi.
 
Sarà solo una casualità, ma le bombe hanno così segnato l’arrivo del presidente libanese Michel Suleiman a Damasco, per una visita di importanza notevole per il futuro del Paese dei cedri.
 
L’accoglienza siriana verso il capo dello Stato libanese è positiva. L’ufficioso Tishrin parla di “superare gli errori del passato” e di “stabilire relazioni diplomatiche”, basate su “rispetto, fraternità e coordinamento”. Libano e Siria, infatti, non hanno mai avuto rapporti diplomatici, da quando la Francia lasciò il territorio allora unito, 60 anni fa. Il governativo Ath-Thawra scrive che “la Siria vuole acoltare con attenzione Michel Suleiman. Sarà un dialogo capace di risolvere le questioni in sospeso”.
 
Il presidente Bashar al-Assad sembra dunque voler impostare in modo amichevole i rapporti. Dopo le belle parole, restano da vedere i fatti.
 
Damasco, intanto, si è unita alla deprecazione dell’attentato, giunta in modo unanime da tutte le parti politiche nazionali e dall’estero. Lega araba ed Europa parlano di “criminale” attacco terroristico per la bomba di Tripoli. Secondo le prime ricostruzioni, l’ordigno era collocato in una borsa lasciata vicino ad una fermata dei bus. Ad aggravare il bilancio, la folla di persone che si recavano al lavoro.