India, chiuse 25mila scuole cattoliche per protesta contro i massacri in Orissa
di Nirmala Carvalho
La Conferenza episcopale indiana ha sospeso tutte le attività degli istituti cattolici del Paese. Il card Gracias sottolinea il tentativo di “risvegliare le coscienze” in India e in tutto il mondo per il “dramma dei cristiani” indiani. Alla protesta pacifica si sono unite anche scuole non-cattoliche.

New Delhi (AsiaNews) – Oggi migliaia di scuole cattoliche in tutta l’India hanno chiuso i battenti, mentre insegnanti e studenti si sono riversati nelle strade del Paese per protestare contro le violenze ai danni della comunità cristiana dell’Orissa. Su invito della Conferenza episcopale indiana, almeno 25mila fra asili, scuole, istituti superiori e università, avviati dalla Chiesa cattolica nel corso della sua pluricentenaria storia in India, hanno interrotto le normali attività; i cattolici hanno dato vita a manifestazioni pacifiche, alle quali si sono unite anche diverse scuole e organizzazioni non cristiane del Paese che oggi, in segno di solidarietà, hanno sospeso le lezioni.

Intanto continuano le violenze nell’Orissa, anche se l’intervento di oltre 3mila fra agenti ha contribuito a migliorare – seppur di poco – la situazione. Ieri sera la Conferenza episcopale ha inoltre pubblicato la lista aggiornata delle devastazioni nello Stato orientale dell’India. Secondo i dati forniti dai vescovi vi sono 12 morti nel distretto di Kandhamal e due feriti gravi, almeno 41 chiese (fra cattoliche e protestanti) distrutte, centinaia di case danneggiate, quattro conventi, cinque fra ostelli e alloggi per giovani, sei istituti cattolici dediti al volontariato e al sociale devastati, ai quali si aggiungono centinaia di auto e altri oggetti personali incendiati nei raid compiuti dai fondamentalisti indù.

“La protesta intende ricordare la carneficina dei cristiani nell’Orissa – sottolinea il card Osvaldo Gracias, presidente della Conferenza episcopale indiana – acuita dall’incapacità del governo centrale di fermare le violenze, mentre nel Paese monta un sentimento anti-cristiano e i fedeli sono torturati e uccisi”. Il prelato afferma di voler mandare “un segnale chiaro” non solo all’India, ma in tutto il mondo sull’importanza della presenza della comunità cristiana, da sempre in prima fila “nel sociale, nell’educazione e nell’opera di assistenza verso i bisognosi”. Un’opera ancora più significativa in India perché “non tiene conto della differenza di casta” e abbraccia “tutta la popolazione”. Chiudere oltre 25mila scuole è un gesto “simbolico” dal forte impatto, che intende “risvegliare le coscienze degli indiani e dei cittadini di tutto il mondo”.