Orissa, il dramma dei rifugiati: conversioni forzate all'induismo o nuove violenze
di Nirmala Carvalho
Secondo il governo la situazione è “sotto controllo”, ma rimanda le elezioni e vieta l’ingresso nel distretto di Kandhamal. Attivista cristiano denuncia nuove violenze contro i profughi, mentre i fondamentalisti indù stilano una lista di 140 cristiani “colpevoli” dell’assassinio dello Swami.

New Delhi (AsiaNews) – A dispetto delle rassicurazioni fornite dal governo dell’Orissa, che in un documento consegnato alla Corte Suprema indiana definisce la situazione “sotto controllo”, continuano le violenze dei fondamentalisti indù contro i cristiani. Secondo Sajan K George, responsabile del Global Council of Indian Christians (GCIC) con base a Bangalore, si avverte un clima di “tensione” nella zona, tanto che il governo locale ha proibito ogni “ingresso nel distretto di Kandhamal” e ha “rimandato le elezioni amministrative”.

L’attivista cristiano denuncia il dramma dei rifugiati, che sono stretti tra due fuochi: “Molti fedeli – racconta Sajan George – vogliono rientrare nelle loro case perché temono i raid dei fondamentalisti indù, che hanno preso d’assalto i campi profughi intimando agli sfollati di riconvertirsi all’induismo. Fra quelli che hanno deciso di tornare ai villaggi d’origine, invece, resta alto il timore di nuove violenze, danneggiamenti alle proprietà, sequestri e uccisioni”.

Secondo il leader del GCIC i vertici del Sangh Parivar – organizzazione che raccoglie le associazioni nazionaliste indù, fra cui i gruppi paramilitari legati al Vhp (Vishwa Hindu Parishad) e all’Rss (Rashtriya Swayamsevak Sangh) – avrebbero preparato una “lista di almeno 140 cristiani colpevoli dell’assassinio di Swami Laxamananda Saraswati e di altri cinque suoi seguaci” senza fornire peraltro “nessuna prova del loro coinvolgimento”. La lista è stata distribuita fra i fondamentalisti indù ai quali è stato chiesto di “punire i cristiani” nel caso in cui il governo “non faccia giustizia”. Una minaccia che ha contribuito ad aumentare il “panico” all’interno della comunità cristiana, già martoriata dalle violenze delle scorse settimane e sulla quale pende la concreta possibilità di nuove violenze.

Giovedì 11 settembre, durante un vertice al quale hanno preso parte alcuni leader delle principali organizzazioni fondamentaliste indù fra cui il Vhp, si è discusso delle future strategie da adottare dopo l’assassinio dello Swami e la spirale di violenza che esso ha originato. Uno dei fronti presenti all’incontro propone il “boicottaggio sociale” per quanti si adoperano per la convivenza pacifica fra le minoranze.

Intanto la lista delle violenze contro i cristiani in Orissa si allunga. Secondo il Global Council of Indian Christians  sono stati ritrovati altri quattro cadaveri, i fondamentalisti indù avrebbero attaccato altri sei villaggi nella zona di Kurtamgarh, vicino a Balliguda e la situazione di tensione avrebbe indotto il governo dell’Orissa a rimandare le elezioni. Ashok Singhal, presidente del Vhp, esige anche con minacce la fine dell’attività di proselitismo da parte dei cristiani in India e il ritorno alla pratica dell’induismo per quanti hanno invece abbracciato il cristianesimo. La notte dell’11 settembre alcune famiglie cristiane sono state assaltate da gruppi di fanatici: le persone si sono salvate, ma le case e i beni personali sono andati perduti.