A Colombo, politici e popolazione accusano l’India di “interferenze” nella guerra civile
di Melani Manel Perera
Le pressioni del premier indiano Singh per la ricerca di una soluzione pacifica tra governo e Tigri Tamil, suscita le proteste di politici e opinione pubblica, contro la interferenze estere. Intanto la lotta diventa più violenta, mentre l’esercito avanza nel territorio dei ribelli.

Colombo (AsiaNews) – Contrasti tra Sri Lanka e India per il conflitto tra Stato e i ribelli Tigri Tamil Eelam (Ltte). New Delhi si dice “preoccupata” per la grave situazione nel settentrione del Paese, soprattutto per le sofferenze della popolazione civile, in gran parte di etnia Tamil. Ma governo, i partiti politici e molti cittadini, specie Sinhala buddisti, insorgono per l’ingerenza indiana nei problemi interni del Paese.

L’ufficio stampa del premier indiano Manmohan Singh ha reso nota una telefonata del 18 ottobre tra Singh e il presidente cingalese Mahinda Rajapaksa, nella quale il premier indiano ha inviato la controparte a considerare negoziati per cercare un accordo, non ritenendo possibile una “soluzione militare” del conflitto. Ha sottolineato che “la salvezza e la sicurezza dei civili debbono essere garantite a ogni costo”.

In reazione, politici Sinhala, islamici e Tamil si sono dichiarati “contrari” a interventi indiani negli affari interni del Paese, comparendo in vari programmi tv per ribadire che ogni decisione sulla sicurezza spetta solo al governo di Colombo. Lakshman Seneviratne, vicesegretario generale del Partito nazionale unito, all’opposizione, ha detto che l’India sta subendo le pressioni del suo Stato Tamil Nadu e che si dovrebbe chiederle “di non intervenire”. Analoga l’opinione del ministro Patali Champika Ranawaka di Jathika Hela Urumaya, che ritiene “malintesa” la compassione per i civili espressa da New Delhi. Anche il ministro islamico Rishath Bathiyuddin ritiene che gli Stati esteri non debbano interferire nelle questioni interne del Paese. Dura la posizione del parlamentare Wimal Weerawansa, presidente del Jathika Nidahas Peramuna (Jnp), che parla di “lacrime da coccodrillo per il dichiarato amore per il popolo Tamil”.

Ma anche l’opinione pubblica ha reagito in modo negativo alla “ingestione del governo indiano”, come hanno dichiarato decine di persone interpellate nei giorni scorsi da AsiaNews, in un vero minisondaggio nella capitale Colombo.

Il ministro alla Difesa Gotabhaya Rajapaksa (fratello del presidente) commenta che le Tigri Tamil, in grande difficoltà, stanno facendo sforzi disperati per ottenere interventi di leader politici indiani al fine di fermare l’offensiva dell’esercito. “E’ una fase decisiva – precisa – e nessuno può impedire una loro sconfitta. Così spingono al massimo sui leader del Tamil Nadu affinché premano sul governo indiano, che pressa a sua volta quello cingalese”.

Intanto l’avanzata dell’esercito ha un duro prezzo. Ieri il ministro alla Difesa ha dichiarato che l’esercito è ormai vicino a Kilinochchi, capitale settentrionale dei ribelli, ma che negli ultimi violenti scontri sono caduti 33 soldati e 48 sono stati feriti, con 3 dispersi. Le Tigri Tamil hanno costruito nella zona una rete di bunker e altre postazioni di difesa e lottano con forza, anche se l’esercito è sostenuto da bombardamenti aerei e di artiglieria.