Europa e Asia “rinviano” la ricerca di azioni comuni contro la crisi
Si delineano strategie diverse per i 2 Continenti, anche se prosegue la ricerca di iniziative comuni. Il rischio che Cina ed Asia si “disimpegnino” dai mercati occidentali in crisi per dedicarsi anzitutto al mercato interno e dei Paesi vicini.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) - Grande prudenza dei Paesi asiatici e un’insistenza pressante ma ancora cortese dell’Europa: il 7° Summit Asia Europa si avvia a finire oggi, a Pechino, senza particolari decisioni ma con molte richieste che pretendono risposte in tempi brevi.

Il presidente cinese Hu Jintao, ben esprimendo il pensiero dell’Asia,  ha sottolineato che la Cina (e gli altri Paesi asiatici) prosegue la crescita economica, che “la prosecuzione della crescita cinese è di per sé un contributo importante all’economia mondiale”, che “dobbiamo prima risolvere i nostri dubbi”. Ma ha anche parlato con enfasidella necessità  “di una stretta coordinazione politica mondiale, una maggiore cooperazione e una risposta comune”, invitando a “lavorare mano nella mano per trovare soluzioni egualitarie”, di fatto indicando che ogni aiuto potrà avere un prezzo.

Di fronte alla chiusura dei Paesi asiatici, non disposti ad andare oltre dichiarazioni d’intenti, il presidente francese e dell’Unione europea Nicolas Sarkozy ha “rinviato” al summit convocato a Washington per il 15 novembre, “quando… l’Europa presenterà un fronte unitario e avanzerà proposte ben meditate elaborate insieme”. “All’Europa piacerebbe che l’Asia sostenesse questo impegno”.

I leader asiatici, come il premier giapponese Taso Aso, hanno fatto poi riferimento a  un ruolo sempre più importante di enti come il Fondo monetario internazionale: ulteriore sintomo della scarsa propensione a utilizzare risorse proprie per affrontare la crisi. Inoltre Cina, Giappone, Corea del Sud e i 10 Paesi dell’Asean hanno confermato la creazione di un fondo internazionale regionale di 80 miliardi di dollari, per fronteggiare eventuali emergenze portate dalla crisi.

Un risultato minimo, da un consesso di 43 Nazioni che comprende il 60% della popolazione mondiale e il 50% della ricchezza, ma che ben esprime la situazione. L’Asia ignora se resterà indenne dalla crisi: ieri 2 delle principali banche cinesi, la Banca industriale e commerciale di Cina e la China Construction Bank, hanno rivelato che la crescita dei loro profitti prosegue ma è rallentata in modo notevolissimo. Alllo stesso tempo Pechino ha chiesto a tutte le istituzioni finanziarie che operano in Cina, anche estere, di stilare rapporti mensili circa la disponibilità di valuta estera. Ma seppure la crisi mondiale colpirà anche l’Asia, questo non significa, come molti ritengono in Occidente, che debba contribuire alla ripresa economica mondiale. Sempre più voci in Oriente indicano un’altra via: rivolgersi al mercato interno e dei Paesi vicini, facendone espandere consumi e servizi. (PB)