Fondo monetario internazionale: la Cina sarà “un’oasi” di stabilità nella crisi globale
I leader cinesi invece gridano sulla necessità di misure drastiche, per evitare problemi su occupazione e sviluppo che potrebbero causare proteste sociali. La crisi sembra già più acuta rispetto ai dati ufficiali.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – David Burton, capo del dipartimento Asia-Pacifico del Fondo monetario internazionale (Fmi), prevede che “la Cina, con le sue robuste riserve [monetarie], sarà una fonte di stabilità per l’intero mondo, per i prossimi uno-due anni”. Ma l’ottimistica previsione non è condivisa dai leader cinesi, che ammoniscono ormai ogni giorno che anche Pechino subirà con forza questa crisi.

Burton, in visita ad Hong Kong, ha detto ieri che l’economia cinese sta rallentando e nel 2008 potrebbe anche crescere meno del 9,3% previsto dal Fmi. Tuttavia  essa gode ancora di circa 2 mila miliardi di dollari di riserve valutarie e ha un solido sistema finanziario. Burton ritiene perciò che Pechino possa riorientare la sua economia, fondandola non più anzitutto sul commercio con Usa, Europa e Giappone, ma sviluppando i consumi interni, riformando la finanza e facendo apprezzare lo yuan. Egli ha evidenziato che la Cina spenderà centinaia di miliardi di yuan per le infrastrutture, come ferrovie e servizi urbani, e per la ricostruzione del Sichuan distrutto dal terremoto di maggio. Pechino vuoe anche lanciarsi in programmi di edilizia pubblica agevolata , con aiuti per chi ha redditi minimi e per le zone rurali.

L'ottimismo di Burton non è però condiviso dalle massime autorità cinesi. In un articolo apparso ieri su una rivista statale, il premier Wen Jiabao ha osservato che l’economia rallenta sempre più e che se non si raggiunge “un certo livello di crescita economica, ci saranno problemi per l’occupazione, le entrate fiscali e lo sviluppo sociale… e aumenteranno i fattori contro la stabilità sociale”. Le esportazioni cinesi sono diminuite soprattutto in settori come le manifatture, che per anni sono stati trainanti, ma che in ottobre sono precipitate al punto più basso dal 2004.

Anche Zhu Min, vicepresidente della centrale Banca di Cina, ha commentato con gli stessi toni durante una conferenza finanziaria a Shanghai il 1° novembre . Egli ha affermato che “è probabile una recessione nelle maggiori economie mondiali, come Usa, Europa e Giappone, e questo avrà forti conseguenze sulla Cina”, che “ha già visto un forte rallentamento nella crescita dei profitti industriali e nelle entrate fiscali”. Zhu Min ritiene che il peggio debba ancora venire, in quanto “la crisi finanziaria tecnicamente precede le turbolenze economiche e politiche di 8-12 mesi”.

Secondo la Commissione per lo sviluppo e la riforma nazionale, la crescita economica nel 2008 sarà del 9%, dato minimo da molti anni, ma si teme che rallenterà ancora di più. Secondo Stephen Roach, presidente della Morgan Stanley Asia, le recenti dichiarazioni e misure prese dalle autorità farebbero pensare che la crescita sia già inferiore all’8%, nonostante i dati ufficiali.

Per stimolare l’economia, la Banca centrale ha tagliato 3 volte il costo del denaro in 2 mesi, aumentato i rimborsi fiscali per i prodotti esportati e tagliato le imposte sulle vendite.