Dopo il summit interreligioso dell’Onu i cristiani pakistani chiedono di passare ai fatti
di Qaiser Felix
Dopo la conferenza promossa dal re saudia Abdullah, i cristiani del Pakistan attendono che dalle dichiarazioni si passi all’azione. Il segretario della Commissione giustizia e pace della Chiesa cattolica ed il direttore dell’organizzazione ecumenica Christian study centre sono ottimisti per il futuro. Grandi attese verso il governo di Zardari e il pacchetto di riforme costituzionali annunciate dal Pakistan people party.
Islamabad (AsiaNews) - Dopo le solenni affermazioni del summit interreligioso svoltosi all’Onu il 13 e 14 novembre, i cristiani pakistani aspettano che si passi dalle parole ai fatti. Il giudizio sull’iniziativa promossa dal re saudita Abdullah e sostenuta dal segretario generale delle Nazioni unite Ban Ki-Moon è positivo. L’appello al mutuo rispetto tra tutte le religioni e a non strumentalizzare la fede è condiviso.
 
Il fatto che tra i leader politici mondiali presenti al Palazzo di vetro ci fosse anche il presidente pakistano Asif Ali Zardari è visto come un segno positivo. I quasi 3milioni di cristiani in Pakistan, all’incirca il 2% di una popolazione a stragrande maggioranza musulmana, attendono segni di apertura dal governo del Paese e sperano di poter presto salutare riforme significative in materia di rispetto e attenzione verso le minoranze.
 
Intervistato da AsiaNews, Peter Jacob, segretario della Commissione nazionale  giustizia e pace della Chiesa cattolica (Njcp), afferma: “Siamo incoraggiati dall’iniziativa Onu sul dialogo interreligioso e la cultura della pace; ora l’odio contro le altre religioni può essere scoraggiato ad ogni livello e trovare fine. Ma ora, dopo questa conferenza, è il momento che le parole vengano tradotte in azioni”.
Riferendosi alla situazione del Paese, Jacob dichiara di attendersi “dall’attuale coalizione al governo un serio e positivo cambiamento d’indirizzo politico in merito alle minoranze religiose, specialmente nell’ambito legislativo, dei media e dell’educazione. E ci attendiamo questi cambiamenti nel pacchetto di riforme costituzionali annunciato dal Pakistan people party (Ppp)”.
 
Jacob considera urgente l’apertura del parlamento a rappresentanti delle varie minoranze del Paese. Ad oggi nella camera alta del Majlis non siedono politici cristiani o di altre religioni. “Nei fatti - afferma il segretario del Njcp - le minoranze religiose non partecipano ai processi legislativi del Paese nonostante siano oggetto delle decisioni che vengono prese in materia”. Anche su questo punto Jacob spera nelle promesse fatte dalla coalizione guidata da Zardari. Si augura di vedere il prima possibile una buona rappresentanza delle minoranze all’interno del senato, vero ambito decisionale del sistema legislativo pakistano.
 
Le attese del segretario del Njcp si estendono comunque anche a tutti i settori della vita sociale del Paese. Jacob non tralascia ad esempio il campo economico e sociale. Le minoranze faticano a trovare spazio nel mondo del lavoro e nei diversi ambiti della vita pubblica del Paksitan. A suo parere, “i diritti e lo sviluppo delle minoranze nell’ambito dell’economia devono essere messi tra le principali preoccupazioni”.
 
In merito alla recente nomina del cattolico Shahbaz Bhatti a Ministro federale per le minoranze, il segretario del Njcp crede che sia la miglior scelta per quel tipo d’incarico e si dice convinto che il nuovo ministro potrà svolgere un ruolo importante nel rimuovere le legislazioni discriminatorie ancora esistenti nel Paese. Jacob suggerisce a questo proposito l’istituzione in tempi brevi di una commissione che verifichi l’ampio e improprio utilizzo della legge sulla blasfemia che è “uno dei maggiori ostacoli all’armonia e al dialogo tra le fedi”.
 
Come Jacob, anche Meboob Sada, direttore del Christian study centre (Csc), si dice speranzoso per il futuro della convivenza tra le diverse religioni e una rinnovata attenzione nei confronti delle minoranze.
 
Interpellato da AsiaNews, il responsabile dell’organizzazione ecumenica di Rawalpindi, impegnata nel dialogo interreligioso, afferma di registrare negli ultimi tempi “segni positivi nel Paese: i media ora stanno dando maggior attenzione  al problema”. Per Sada il dialogo interreligioso non è l’unica necessità del Paese, ma lo considera come la base per lo sviluppo di una convivenza civile e pacifica della popolazione.
 
Il direttore del Csc è ottimista anche per l’effetto che potranno portare le affermazioni fatte dal presidente Zardari all’Onu. Sada riconosce che dietro l’iniziativa di New York, come dietro alle dichiarazioni del presidente, ci sono motivi politici che sfuggono dal dialogo interreligioso. Il responsabile dell’organizzazione ecumenica  crede tuttavia che appuntamenti come quello del Palazzo di vetro possono contribuire ad un cambiamento nei media e dare l’occasione per un dibattito aperto tra cristiani e musulmani. In confronto al più recente passato Sada constata che oggi non sono solo i cristiani a cercare il confronto ed il dialogo: “Questo è un segno positivo per tutti noi”.