Chi, tra la Siria ed Aoun, fa un dono all’altro ?
di Fady Noun
La visita a Damasco del capo del CPL serve ad Assad per il superamento del suo isolamento internazionale. Ma resta la “minaccia" rappresentata dal Tribunale internazionale per l’assassinio di Hariri.
Beirut (AsiaNews) – Con la visita in Siria del generale Michel Aoun – che, a stare a quanto dicono i media della maggioranza politica, dovrebbe cominciare entro le prossime 24 ore - si apre una appassionante fase della vita politica libanese. Quando che sia, i media siriani hanno già cominciato a preparare psicologicamente l’opinione pubblica nazionale. Così il quotidiano Teshreen ha attinto – un po’ gratuitamente – nei superlativi per rendere omaggio al capo della Corrente patriottica che, nel 1989, aveva lanciato una “guerra di liberazione“ contro la Siria. E’ “un avversario nobile“ che la Siria accoglie, ha affermato il giornale, per il quale Michel Aoun si impone come il leader dei “cristiani d’Oriente“. Vi si vede, in modo evidente, la famosa teoria della “alleanza delle minoranze“ che detta la politica siriana in molti campi.
 
La visita in Siria del generale Aoun, che terminerà domenica, comprende le tre città di Damasco, Aleppo e Homs, oltre ad alcuni luoghi importanti nella storia della comunità maronita.
 
Negli ambienti politici, però, ci si chiede se questa accoglienza fastosa ed inusuale che la Siria riserva al generale Aoun non nasconda qualcosa. Si tratta di sapere, si sostiene, chi, tra la Siria ed Aoun, fa un dono all’altro. In effetti, la visita serve oggettivamente agli interessi di Damasco ed in particolare ai suoi sforzi di rompere il suo isolamento diplomatico. Di fatto, la visita del capo del CPL in Siria segue di poco quella dei due inviati del presidente francese Nicolas Sarkozy, Claude Géant e Jean-David Lévitte, che erano l’altro giorno in Siria. Non c’è dubbio che la Francia è “soddisfatta“ della evoluzione dei rapprti siro-libanesi, dei quali è un aspetto l’accoglienza dei Aoun.
 
Il certificato di buona condotta rilasciato da Parigi dovrebbe servire alla prudente Siria per la ratifica dell’accordo di cooperazione con l’Unione europea, firmato quattro anni fa. Si può comunque contare sulla Francia per ciò che riguarda il buon svolgimento delle elezioni politiche in Libano, senza ingerenze clamorose nella composizione delle liste, senza intimidazioni. E ciò è stato spiegato in vari modi al regime siriano.
 
La vicenda merita dunque di essere seguita, tanto più che, in contrasto col “giudizio favorevole“ del quale gode ormai in Francia e forse anche altrove, il regime siriano continua a vedere la minaccia rappresentata dal tribunale internazionale del Libano, incaricato di giudicare gli assassini di Rafic Hariri. Mandanti ed esecutori. E il segretario dell’Onu, Ban Ki-moon ha annunciato al primo ministro libanese Fouad Siniora, incontrato a Doha a margine di un forum economico, che il trasferimento del personale del tribunale verso L’Aja comincerà all’inizio del prossimo anno, anche se la Corte non comincerà a riunirsi prima del primo marzo del 2009.
 
Come a prenderne le distanze, Damasco ha fatto nuovamente sapere, due giorni fa, attraverso fonti citate dalla catena televisiva LBCI, che non si considera coinvolto dal tribunale internazionale e che le varie visite compiute a Damasco da coloro che si sono succeduti a capo della commissione di inchiesta non potrebbero essere considerate “notificazioni“. “Se ci sono dei responsabili siriani, saranno giudicati e condannati in Siria, per alto tradimento“, si è fatto sapere. Un modo abile di tenere il regime siriano fuori dal gioco e di annunciare in anticipo che, se personalità siriane sono coinvolte nell’assassinio di Rafic Hariri, ciò è a titolo personale e non per conto del regime. Una teoria che sarà difficile sostenere, tenuto conto della stretta gerarchizzazione dell’autorità politica in Siria.
 
In confronto con quella del generale Aoun in Siria, la visita del primo ministro a Doha e quella del presidente della Repubblica, oggi, in Germania appaiono un po’ scialbe. Ma bisogna ricordare che non tutto ciò che brilla è oro e la prosaicità della visita ufficiale del presidente Suleiman in Germania forse è ingannevole. Nel corso delle sue visite, infatti, quest’ultimo porta a termine la rifinitura della sua immagine di leader moderato e credibile, di quelli mancati in Libano, negli anni della guerra o della crisi, nelle diverse strutture dell’apparato amministrativo e giudiziario
 
E sembra che, se il governo attuale sembra essere riuscito ad imporsi sulla scena internazionale, tarda a farlo sul piano interno, ove la regola del “consenso politico“ - in concreto quella dell’equilibrio degli interessi particolari, dei capi delle comunità – continua a ritardare la riattivazione della Giustizia e dell’Amministrazione e l’accesso di personalità forti, competenti e relativamente indipendenti nella macchina amministrativa e giudiziaria.