La sfida dell’India dopo la strage di Mumbai: non ripetere l’errore degli Usa
di Joseph D’souza*
Occorre non penalizzare i musulmani e fermare il terrorismo hindutva. A rischio l’identità stessa del Paese, che si è sempre distinto per multi-culturalità e rispetto delle diverse fedi religiose. Il sostegno della comunità internazionale è essenziale nella ricerca e nella punizione dei colpevoli.

Hyderabad (AsiaNews) – Dopo gli attacchi terroristici a Mumbai, l’India non deve commettere gli stessi errori che hanno fatto gli Stati Uniti nella loro guerra al terrore. La ricerca della giustizia deve comunque trattare i fedeli di tutte le religioni con rispetto e, in fin dei conti, incoraggiare la diversità.

La risposta dell’India ai violenti attacchi a Mumbai, iniziati il 26 novembre scorso, fornisce una grande opportunità per affrontare tutte le forme di terrorismo di cui il Paese ha fatto esperienza negli ultimi decenni. 

Solo nell’ultimo anno, attacchi bomba contro la popolazione civile sono stati condotti da estremisti islamici, fondamentalisti indù e gruppi maoisti. Difatti, negli ultimi anni l’India è seconda solo all’Iraq per numero di vittime causate da attacchi terroristi, come registrato dal National Counterterrorism Center di Washington. E questo senza tenere conto delle violenze premeditate di gruppi, che hanno colpito in maniera sempre più ampia le minoranze, come si è visto nella pulizia etnica contro Dalit e i Tribali cristiani nello stato dell’Orissa nel dicembre del 2007 e nell’agosto del 2008.

Questi gruppi di estremisti minacciano quella che viene chiamata “l’idea dell’India”, che fa riferimento a una nazione unita e composta da diversi gruppi etnici e religiosi.

Parlando in modo chiaro, non possiamo permettere che alcuna forma di terrorismo resti impunita. L’India non può consentire a gruppi di estremisti indù, che hanno cacciato dalle loro terre migliaia di Dalit cristiani nell’Orissa, di sfuggire alla giustizia.

Il senso diffuso di rabbia che si è scatenato dopo gli attacchi terroristici a Mumbai è alimentato, oltre che dai terroristi, dall’astio verso coloro i quali non hanno saputo governare bene il Paese. L’India deve chiaramente riorganizzare i sistemi di sicurezza interna. La classe politica e il governo indiano sono alla ricerca di risposte idonee ad affrontare i terroristi che si nascondono al di là dei confini. E l’India ha tutto il diritto di perseguire le organizzazioni (non gli Stati) che hanno compiuto gli attacchi a Mumbai. L’India può sperare in una risposta unitaria di Stati Uniti, Inghilterra, Israele e altri Paesi i cui cittadini sono stati ammazzati negli attacchi.

Ma l’India deve anche lavorare duramente per sradicare la pratica dell’emarginazione dei gruppi musulmani perpetrata, negli ultimi anni, dai partiti che condividono l’ideologia fondamentalista indù. L’India deve opporsi con forza al terrorismo Hindutva. L’India deve sforzarsi con molta buona volontà a creare legami con i 150 milioni di musulmani, i cui leader hanno condannato gli attacchi terroristici a Mumbai.

L’India non deve colpire musulmani innocenti dentro o al di fuori dei suoi confini per malintesi fini politici. L’errore dell’America è stato quello di lanciare una guerra indiscriminata contro i musulmani, che non erano legati in alcun modo agli attacchi dell’11 settembre. I responsabili della politica americana non hanno riflettuto a sufficienza sul contesto nel quale una parte del mondo musulmano, fragile e vulnerabile, viene reclutato per fini terroristici. La guerra americana al terrore è sfociata in casi evidenti di abusi nei diritti umani. È stata legata a fini di sfondo razziale. Per questo, quella che poteva apparire una giusta causa ha perso il sostegno della comunità internazionale, che si era stretta attorno al Paese all’indomani della tragedia del 9/11. 

Se il governo indiano e la classe politica ripetono gli errori dell’America, finiremo per acuire il problema del terrorismo, di qualunque genere esso sia, considerato il gran numero di religioni e di etnie diverse che contraddistinguono l’India. Questo è il tempo – quando il popolo è una cosa sola e affronta assieme la minaccia del terrorismo – per il governo indiano di agire in maniera giusta e non fare mosse stupide. Speriamo che i cittadini di tutto il mondo, che hanno a cuore la vera giustizia, incoraggeranno i nostri leader a raggiungere questi obiettivi nei giorni a venire.

* Joseph D’souza, attivista per i diritti umani, è presidente dell'associazione All India Christian Council e dell’organizzazione internazionale Dalit Freedom Network.