Rallenta l’economia cinese, al minimo da anni. Wen: Il 2009 l'anno più difficile del secolo
Esperti: il dato indica, in realtà, una contrazione dell’economia rispetto a tre mesi fa. Tutti prevedono risultati peggiori nei prossimi mesi e la perdita di milioni di posti di lavoro.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Drammatico rallentamento dell’economia cinese, cresciuta solo del 6,8% nell’ultimo trimestre del 2008, rispetto allo stesso periodo del 2007, e meno del 9% nell’intero anno rispetto al +13% del 2007: lo comunica oggi l’Ufficio nazionale di statistica.

La crisi finanziaria globale flagella il Paese, molto dipendente dalle esportazioni, in continuo declino: sono diminuite del 2,2% a novembre, primo calo da 7 anni, e del 2,8% a dicembre. Il timore è che esso prosegua causando la chiusura di decine di migliaia di fabbriche e la perdita di milioni di posti di lavoro. Negli ultimi 3 mesi circa 560mila persone hanno perso il lavoro, secondo i dati ufficiali, ma il dato effettivo è ritenuto molto maggiore, poiché  i primi e i più colpiti sono le decine di milioni di migranti che lavorano in nero.

Peraltro la crescita del 6,8% è riferita allo stesso periodo del 2007: il che significa che, rispetto al 30 settembre 2008, nel quarto trimestre l’economia è rimasta ferma o, addirittura, ha fatto passi indietro.

Le minori esportazioni hanno conseguenze anche sull’economia dell’intera regione Asia-Pacifico, dato che  cala la domanda cinese per materie prime e componenti, peggiorando la crisi del Giappone e portando Taiwan, Corea del Sud e Australia più vicine alla recessione.

La crisi colpisce anche i consumi e a dicembre l’indice dei prezzi al consumo è sceso dell’1,2%, quando appena nel febbraio 2008 era in crescita dell’8,7% facendo dire agli esperti che l’inflazione era il maggior pericolo per l’economia cinese.

Sempre nel 2008, il prodotto industriale è cresciuto del 12,9%, rispetto al +18,5% del 2007, ma è stato solo del +5,7% a dicembre rispetto al dicembre 2007.

L’economista Lu Zhengwei, della China Industrial Bank di Shanghai, ritiene che la deflazione aumenterà nei prossimi mesi e che la Cina non riuscirà nel 2009 a raggiungere una crescita dell’8%: obiettivo fissato dal governo, anche perché –dicono gli esperti- una crescita inferiore causerebbe un forte aumento della disoccupazione, con conseguente rischio di proteste sociali tra la popolazione priva di assistenza pubblica per la disoccupazione e di un adeguato sistema di pensioni sociali. La Citigroup prevede per il 2009 una crescita del 7,6%, la JPMorgan del 7,2% e l’Istituto di ricerche Daiwa appena del 6,3%.

Wang Tao, esperto di Pechino, dice all’agenzia Bloomberg che rischiano di perdere lavoro almeno 10 milioni di persone nelle fabbriche di prodotti esportati e 5 milioni di operai edili (i prezzi delle abitazioni nelle grandi città sono scesi del 20% nel 2008).

In crisi anche la ricca Shanghai, cresciuta solo del 9,7% nel 2008, dato minimo dal 1992. I commerci marittimi sono aumentati nell’anno del 17,7% rispetto al +26,7% del 2007 e il prodotto industriale dell’8,3% rispetto al +12,6% di un anno prima.

Mei Xinyu, esperto del ministero del Commercio, ha commentato al South China Morning Post che “Shanghai fornisce un vivido esempio che la vacillante economia cinese non può sopravvivere se non cambia il modello di crescita”.

Questa situazione ha fatto dire al premier Wen Jiabao, nei giorni scorsi, che il 2009 sarà “l’anno più difficile di questo secolo, per l’economia cinese”.

Il governo ha annunciato investimenti per 4mila miliardi di yuan, ha ridotto le tasse sulle esportazioni, operato tagli di imposte e sussidi per 10 settori industriali come l’acciaio e gli autoveicoli, sollecitato le banche statali a concedere più prestiti e prese numerose altre iniziative per sostenere l’economia. Ma Wang Qing, economista della Morgan Stanley a Hong Kong, dice che occorreranno mesi prima che queste misure diano effettivi risultati e prevede una crescita tra il 3 e il 4% nel primo trimestre 2009. Altri esperti prevedono una crescita anche inferiore, osservando che il Paese ha un eccezionale eccesso di capacità produttiva e la richiesta mondiale di prodotti potrà diminuire ancora.