Decine di famiglie cristiane rientrano a Mosul
Negli ultimi due mesi 81 famiglie sono tornate in città. Fonti di AsiaNews a Mosul riferiscono di un clima di “speranza e paura”. Il governo centrale mostra maggiore attenzione per la condizione dei rifugiati. Vice-ministro irakeno critica i governi europei perché “incitano le famiglie alla fuga”.

Mosul (AsiaNews) – Negli ultimi due mesi decine di famiglie cristiane irakene sono rientrare a Mosul. All’interno della comunità locale si respira un clima di “speranza e paura”; a Baghdad il governo sembra prestare maggiore attenzione alla condizione dei rifugiati.

Oggi le forze dell’ordine a Mosul hanno annunciato il ritorno di un gruppo consistente di famiglie cristiane in città. Un funzionario conferma che “fra gennaio e febbraio 81 famiglie sono rientrate nelle loro case”. Secondo il dipartimento per l’immigrazione e gli sfollati, vi sono ancora 10mila famiglie di rifugiati ad Al-Hamadaniya, distretto 30 km a est di Mosul. 

Da Baghdad arrivano segnali di interesse verso la condizione dei profughi. L’esecutivo dice di “prendersi cura dei cristiani” e si comincia a parlare di “problemi concreti” della gente. “Questo aspetto – conferma una fonte locale di AsiaNews  – è evidente anche nei risultati emersi dalle elezioni per il rinnovo dei consigli provinciali. Sono stati banditi gli slogan a sfondo religioso e si è parlato di questioni concrete: la mancanza di elettricità, di acqua corrente, di ospedali e sanità, di comunicazioni telefoniche e postali, di strade e infrastrutture”.

Ieri Asghar al-Moussaoui, vice-ministro irakeno per l’immigrazione e gli sfollati, ha criticato le nazioni europee perché “inciterebbero le famiglie cristiane alla fuga dall’Iraq”. “È una affermazione poco credibile – commenta la fonte – soprattutto per il momento attuale: mi sembra più una posizione individuale che governativa, e sa tanto di forzatura”. Vi sono ancora oggi molte famiglie di rifugiati in Giordania che attendono un visto di espatrio ed è “difficile” che rientrino in Iraq.

Per i cristiani in Kurdistan, invece, la situazione è diversa: “Queste famiglie – conclude – sperano di rientrare a Mosul per due motivi: prendere possesso delle case, delle attività commerciali, dei beni che hanno dovuto abbandonare. Inoltre gli affitti degli appartamenti nella zona curda sono elevati e spesso le famiglie non riescono nemmeno a pagarli”.