La Cina chiede all’Onu di sospendere il mandato di arresto contro Omar al-Bashir
Pechino esprime il timore che questo “possa peggiorare la situazione in Darfur”. Ma in anni non risulta essersi attivata per impedire il genocidio in atto, preferendo fare ottimi affari economici con Khartoum.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – La Cina ha chiesto oggi al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di sospendere l’ordine di arresto emesso ieri dalla Corte internazionale dell’Aja contro il presidente sudanese Omar Hassan al-Bashir per crimini di guerra e contro l’umanità. Il portavoce del ministro cinese degli Esteri Qin Gang ha detto che “la Cina si oppone a qualsiasi azione che possa vanificare gli sforzi per la pace in Darfur e Sudan” e ha espresso “rammarico e preoccupazione che possa peggiorare la situazione in Darfur”.

Secondo l’Onu dal 2003 nel Darfur ci sono stati circa 300mila morti e 2,7 milioni di profughi, soprattutto civili. Il presidente al-Bashir è accusato di favorire il genocidio della popolazione. Khartoum parla di soli 10mila morti e ha sempre negato coinvolgimenti del governo e dell’esercito nei massacri e nelle violenze contro civili. Mahjoub Fadul, portavoce del presidente, ha subito parlato di “decisione priva di valore” che non sarà applicata.

Reazioni favorevoli del Segretario di Stato Usa Hillary Clinton, mentre la Cina, l’Unione Africana e la Lega Araba hanno espresso il timore che questa decisione possa destabilizzare la regione e peggiorare il conflitto.

Pechino è il maggior partner commerciale del Sudan (nella foto: al-Bashir a Pechino con il presidente cinese Hu Jintao), dal quale compra grandi quantità di petrolio e materie prime, ed è molto criticata perché non usa la sua influenza economica sul governo per ottenere la fine della guerra civile, mentre trae vantaggio dall’embargo deciso da molti Paesi per il genocidio. Quale membro permanente del Consiglio di sicurezza Onu, la Cina ha più volte fatto uso del diritto di veto per impedire sanzioni contro il Sudan, affermando di essere contraria a ingerenze in questioni interne di altri Stati. Insieme alla Russia, che pure ha sostenuto Khartoum in sede Onu, ha violato l’embargo stabilito dalle Nazioni Unite e venduto armi leggere al Paese, che sono state usate anche nel Darfur, e ne addestra i piloti per guidare i jet cinesi Fantan A5.