Pechino bandirà entro due anni la tortura e gli abusi contro i detenuti
Pubblicato il primo Piano per realizzare i diritti umani in Cina. Obiettivo primario la tutela dei detenuti, ma anche la lotta alla disoccupazione. Favorevoli molti esperti, ma scettici sull’ effettiva attuazione. Ma altri osservano che è importante la sola ammissione che ci sono diritti umani fondamentali diversi dalla sussistenza.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Il Consiglio di Stato ha pubblicato ieri il primo “Piano di azione nazionale per i diritti umani della Cina” che indica gli obiettivi del prossimo biennio. Al primo posto una maggior tutela fisica e morale per arrestati e detenuti. Al di là delle critiche per le molte “omissioni”, il Piano può costituire un mutamento epocale della politica cinese.

Il Piano promette di proibire le confessioni estorte con la tortura prevedendo un “esame fisico” prima e dopo l’interrogatorio, nonché di vietare punizioni corporali, insulti e altri abusi contro i detenuti. Inoltre afferma il diritto dei detenuti di presentare proteste scritte o di parlare con il pubblico ministero per denunciare abusi. Viene pure ribadito il diritto a incontrarsi e comunicare con l’avvocato e il diritto del legale a poter svolgere nel miglior modo la difesa.

Il programma vuole rassicurare l’opinione pubblica del Paese, allarmata perché dall’8 febbraio ci sono state almeno 6 morti “sospette” di detenuti. In un caso le autorità carcerarie hanno cercato di coprire un omicidio compiuto da un altro detenuto. L’ultimo episodio è la morte di Chen Hongqiang, l’11 aprile nel carcere di Fuzhou (Fujian), che scontava 10 giorni di detenzione per uso di stupefacenti.

Il Piano vuole anche aumentare i redditi, creare 180 milioni di nuovi posti di lavoro, costruire case da vendere a prezzi popolari e proteggere meglio i diritti economici della popolazione.

Gruppi per la tutela dei diritti umani criticano il documento per le molte omissioni, anche con riguardo al diffuso uso della “detenzione amministrativa” e dei campi di rieducazione-tramite-lavoro e delle prigioni “fantasma” dove è detenuto senza accuse chi presenta petizioni o minaccia gli interessi delle autorità. Alcuni esperti dicono che si tratta di un’operazione che vuole mitigare le contestazioni interne e internazionali per gli abusi contro i diritti, anche per l’approssimarsi del 20° anniversario del massacro dei dimostranti pro-democrazia il 4 giugno 1989 a piazza Tiananmen.

Joshua Rosenzweig, dirigente a Hong Kong della Fondazione Dui Hua che difende i diritti umani, lo definisce “un passo importante” verso una migliore tutela dei diritti, anche se avverte che senza cambiamenti concreti per il rispetto dei diritti si resta al livello delle buone intenzioni.

Ma molti osservano che da sempre Pechino afferma che i diritti umani come concepiti in Occidente non sono applicabili alla diversa realtà cinese e ancora nelle premesse il Piano indica come prioritaria “la protezione dei diritti del popolo alla sussistenza” (mangiare, abitare, vestirsi): per cui affermare come necessaria la tutela dei diritti dei detenuti indica un significativo cambiamento di visuale. L’agenzia Xinhua osserva che “il governo ha ammesso che ‘la Cina ha davanti una lunga strada nel tentativo di migliorare la situazione dei diritti umani’”.

Il Piano promette anche di consentire ai giornalisti e ai siti internet una maggiore libertà nella raccolta delle notizie “nel rispetto della legge”. Come pure di “accrescere il livello di garanzia dei diritti civili e politici della popolazione” attraverso una maggior democrazia e rispetto delle leggi, ma non specifica come.