I rifugiati tamil dell’India non sperano nel Congress
di Nirmala Carvalho
La Gandhi e il premier uscente Singh non vogliono interferire negli affari interni di Colombo. Un religioso che opera nei centri di accoglienza del Tamil Nadu: il vero problema è che i profughi vivono in India da stranieri e non si integrano nella società.
Chennai (AsiaNews) - “Un segno di speranza per i tamil è il trionfo del Dravida Munnetra Kazhagam (Dmk) che potrebbe far pressione sul governo centrale di New Delhi perché cerchi una soluzione ai problemi dei tamil”. È quanto afferma ad AsiaNews un tamil rifugiatosi in India negli anni ’90. Chiedendo di mantenere l’anonimato, definisce le elezioni appena concluse come “un bene per l’India, ma un male per il Tamil Eelam”.
 
Il Congress non ha infatti intenzione di far pressioni sullo Sri Lanka perché conceda uno Stato indipendente ai tamil. La fine della guerra cancella ogni speranza di autodeterminazione per la minoranza del nord dell’isola. Ai profughi tamil che vivono nel Tamil Nadu non resta che sperare nel Dmk, il partito più forte dello Stato indiano, che alle ultime elezioni ha bissato la vittoria del 2004 assicurandosi tutti e 16 i seggi disponibili per il Lok Sabha, la camera bassa del parlamento nazionale di New Delhi.
 
Karunanidhi Muthuvel, governatore in carica dello Stato e leader del Dmk (nella foto con Sonia Gandhi), nei giorni di campagna elettorale, aveva anche indetto uno sciopero della fame per premere sui leader del Congress, alleati del Dmk alle elezioni, affinché si impegnassero in prima persona per la fine della guerra nello Sri Lanka e sostenessero le rivendicazioni dei tamil presso Colombo.
 
Un religioso indiano, che da tempo opera tra i 74mila profughi tamil raccolti nei 115 campi di accoglienza del Tamil Nadu, afferma che “un cambio di governo non avrebbe avuto effetto sulla politica indiana verso lo Sri Lanka”. Ma aggiunge che “i profughi sono meri spettatori delle vicende politiche indiane” e la loro preoccupazione principale sono “gli aiuti economici che ricevono dal governo di New Delhi”.
 
Secondo il religioso “il governo centrale sta facendo molto per renderli auto-sufficienti”. Il problema è che i profughi “non sono assimilati nella società indiana”. Questo pone seri interrogativi “sul futuro della loro esistenza da stranieri” che è aggravata “dall’impossibilità di riunirsi con le loro famiglie”.
 

Uno degli ambiti decisivi è quello dell’educazione. Il religioso afferma che l’abbandono scolastico da parte dei figli dei profughi è molto alto. “La grande sfida sta nel campire come motivare i giovani” e far sì che tutti possano fare come “i mille ragazzi tamil che si stanno laureando nei college [del Tamil Nadu]”.