Dhaka, cuoco cattolico: “In carcere ho vissuto momenti terribili”
di William Gomes
È stato rilasciato su cauzione lo chef del Castel Inn, arrestato con l’accusa di possesso di bevande alcoliche illegale. Egli è stato rinchiuso per due settimane in una prigione con altri 240 detenuti, la cella ne può contenere 20. Ora si attende il processo, la comunità cattolica chiede “giustizia”.
Dhaka (AsiaNews) – Ha trascorso più di due settimane nel carcere di Dhaka, rinchiuso in una piccola cella “capace di contenere 20 detenuti mentre noi eravamo 240”, la sua pelle si è ammalata per le “pessime condizioni igieniche” e il cibo servito “non bastava nemmeno a sfamare un bambino”. Sapon D Costa, il cuoco cattolico arrestato la notte del 25 maggio per possesso di alcolici illegali, è libero su cauzione ed è in attesa di processo.
 
“Ho vissuto momenti terribili – racconta ad AsiaNews – rinchiuso in una piccola cella per 20 persone, anche se i detenuti in realtà erano 240. Per tutto il corpo si è diffusa una malattia della pelle, il cibo che ci davano non bastava nemmeno a un bambino. Le condizioni delle carceri di Dhaka sono davvero disumane”. Sapon D Costa è stato rilasciato su cauzione il 6 giugno scorso; uscito di prigione si è recato con tutta la famiglia nella Chiesa cattolica della città per ascoltare la messa e ringraziare Dio. Onima Corraya, moglie del cuoco, aggiunge di aver “pregato la Madonna” e ringrazia “i sacerdoti e la comunità cattolica per la solidarietà e il sostegno”. La donna auspica che il marito possa “riprendere il lavoro”.
 
Nelle giornate successive all’arresto numerose associazioni cristiane e attivisti per i diritti umani avevano perorato la sua causa, chiedendo un processo libero e giusto e indagini imparziali sulla vicenda. P. Edmond Cruze, sacerdote della Santa croce, spiega che non basta il rilascio, ma ora “vogliamo che sia fatta giustizia”.
 
Sapon D Costa spiega che per giorni è rimasto rinchiuso in una cella senza nemmeno conoscere i capi d’accusa a suo carico. Alla base dell’arresto vi sarebbe il possesso di bevande alcoliche proibite, servite durante un party che si è tenuto la sera del 24 al Castel Inn, la struttura di lusso presso la quale lavora. “Un gruppo di ragazzi e ragazze – racconta – sono stati rilasciati dopo aver versato una somma di denaro agli agenti. Io sono povero e non avevo nulla da dare loro”.
 
Egli aggiunge che solo dopo qualche giorno ha saputo dell’accusa a suo carico. “I clienti – conclude – hanno introdotto le bevande dall’esterno. Solo i ragazzi presenti alla festa e il manager dell’hotel – che avrebbe montato ad arte le accuse per licenziare l’uomo e assumere familiari e amici – erano a conoscenza del contenuto delle bottiglie”.