Nell’incerto quadro mediorientale, Damasco sembra voler tornare protagonista
L’incontro dell’inviato statunitense con Assad, che ha inviato le congratulazioni ad Ahmadinejad, ma si dice pronto a riprendere i colloqui indiretti con Israele, mentre la stampa siriana parla del ruolo pacificatore degli Usa. Israele si dice pronto a colloqui diretti, mentre sale la popolarità di Netanyahu.
Beirut (AsiaNews) - Qualcosa sembra muoversi – la Siria - nella pluridecennale ricerca della pace in Medio Oriente, anche se l’incertezza su quanto sta accadendo a Teheran e l’imprevedibilità politica del presidente Assad rendono ancora meno possibile qualsiasi previsione. Che la storia mostra quasi impossibili per questa tormentata regione. I fatti: domenica c’è stato l’atteso, e probabilmente richiesto, discorso di Netanyahu sui “due Stati”, israeliano e palestinese; Stati Uniti ed Europa l’hanno visto positivamente; gli arabi ne parlano come di un “siluro alla pace”; l’inviato di Obama è stato in Siria, ora Damasco dà agli Stati Uniti - storico avversario - qualifica di pacificatori e si dice pronta a riprendere i colloqui indiretti con Israele, che da parte sua afferma di essere disponibile a colloqui diretti, ma senza precondizione, con palestinesi, siriani e sauditi.
 
La Siria sembra dunque poter tornare a essere uno dei protagonisti della scena, dopo che il conflitto di Gaza aveva provocato, a dicembre, la sospensione del dialogo a distanza con Israele, mediato dalla Turchia. “La Siria ha un ruolo fondamentale per la pace globale in Medio Oriente”, ha detto Gordon Mitchell, l’inviato degli Usa in Medio Oriente, al termine dei suoi colloqui con il presidente Bashar Assad (nella foto). Che ha inviato le congratulazioni ad Ahmadinejad per la rielezione, auspicando “legami più forti” tra i due alleati, ma, al tempo stesso, si è detto pronto a riprendere i colloqui indiretti di pace con Israele. Intanto la controllatissima stampa siriana accusa Netanyahu di, scrive Al Watan, “silurare gli sforzi di pace”. Da parte sua Ath-Thawra afferma che gli Usa, “che stanno lavorando per la pace”, hanno due alternative: “fare un passo indietro e mantenere lo status quo, che speriamo non succeda, o assumersi le proprie responsabilità, spingendo Israele a parlare seriamente su come ottenere pace e sicurezza”.
 
E’ la speranza degli arabi “moderati”, di cui è espressione il presidente libanese Michel Suleiman, che pure ha chiesto alla comunità internazionale di “fare pressioni” su Israele perché accetti le precedenti iniziative di pace.
 
Sull’altro fronte, il ministro israeliano degli esteri, Avigdor Lieberman, ha dichiarato oggi che il suo Paese è pronto a intraprendere un dialogo senza precondizioni con palestinesi, Siria e Arabi Saudita. L’affermazione di Lieberman – che come è formulata certo non soddisfa le richieste arabe – è arrivata all’indomani di un incontro con i 27 ministri degli Esteri della Ue, che, pur plaudendo al “primo passo” di Netanyahu, l’avevano giudicato decisamente insufficiente.
 
Ma, come scrive oggi Haaretz, mentre “il presidente Usa Barack Obama ha riserve, gli arabi protestano e gli europei sono dubbiosi”, l’approvazione verso il premier israeliano dopo il discorso di domenica fa un balzo in avanti. Un sondaggio condotto dal quotidiano registra una crescita di 16 punti in un mese, dal 28 al 44 per cento. (PD)