Migliaia di leader cattolici e buddisti contro il governo e il presidente Lee
di Theresa Kim Hwa-young
Crescono le pressioni contro l’amministrazione di Lee Myung-bak, accusata di non attenzione ai poveri, all’ambiente e ai diritti umani. Ancora richieste di scuse per aver lanciato le inchieste contro l’ex presidente Roh, che ha causato il suo suicidio.

Seoul (AsiaNews) – Non si placano le critiche contro il presidente Lee Myung-bak e la sua amministrazione, accusata di non interessarsi dei poveri, dell’ambiente e di violare i diritti umani.

All’inizio di giugno 124 intellettuali e professori universitari hanno denunciato una “regressione della democrazia” nel Paese, sottolineando un arretramento della “libertà e dell’indipendenza della stampa”. Due giorni fa è stata la volta di leader buddisti e cattolici.

Il 15 giugno migliaia di monaci buddisti e centinaia di sacerdoti cattolici hanno reso pubbliche due dichiarazioni in cui domandano al presidente Lee di cambiare il suo stile di governo.

Circa 1200 monaci buddisti dell’ordine di Chogye, la denominazione più diffusa nel paese, hanno firmato una petizione contro la politica del presidente.

“La parzialità della politica del presidente Lee mostra ormai segni di deragliamento dalla democrazia” ha detto il ven. Hyon Gak . Egli ha chiesto le scuse ufficiali di Lee per le inchieste lanciate contro il defunto presidente Roh Moo-hyun. Secondo il leader buddista esse erano politicamente motivate e hanno portato Roh al suicidio. Un’altra richiesta è quella di fermare il progetto di sviluppo sui 4 maggiori fiumi della nazione perché pericoloso per l’ambiente.

I monaci hanno anche deciso che il prossimo 1° luglio terranno una protesta di massa al tempio di Tongdo, nella provincia di South Gyeongsang.

Più di metà dei monaci buddisti hanno firmato la petizione, escludendo i novizi. Essi fanno notare che il loro numero è superiore a quello dei firmatari dell’appello contro il regime militare nel 1987, che ha segnato l’inizio della rivolta democratica nel Paese.

Nello stesso giorno più di mille sacerdoti cattolici hanno partecipato a una discussione aperta sugli affair correnti del Paese. L’incontro, tenutosi nella cattedrale di Myeong Dong,  è stato voluto dall’Associazione dei preti cattolici per la giustizia (Catholic Priests' Association for Justice, Cpaj). Il Cpaj è sorto negli anni ’70 e raduna sacerdoti da tutte le diocesi della Corea del Sud. In passato, durante gli anni ’70  e ’80, hanno avuto una grande funzione per la caduta dei regimi militari.

I sacerdoti accusano l’amministrazione Lee di “avere le orecchie e gli occhi chiusi” alle richieste della popolazione e in particolare al desiderio di riconciliazione con il Nord.

Finora la comunità protestante  non si era mai espressa contro Lee, che appartiene a una denominazione evangelica. Ma entro domani almeno 1000 pastori pubblicheranno una dichiarazione in cui chiedono al presidente Lee di avere cura dei poveri, dei diritti umani e dell’ambiente. I pastori hanno anche lanciato una campagna nazionale di preghiera a partire da Suwon (provincia di Gyeonggi).