Orissa: il governo cerca le cause dei pogrom anti-cristiani, ma non i colpevoli
di Nirmala Carvalho
Presentato il rapporto provvisorio sulle violenze del Kandhamal. Per la commissione d’inchiesta le ragioni vanno cercate “nella disputa per le terre, nel fenomeno delle conversioni e nel problema dei falsi documenti d’identità”. Il vescovo di Bhubaneshwar: “Non serve un’indagine per conoscere meglio la verità. Serve l’intenzione politica di attuare ciò che dice la Costituzione dell’India e la legge”.
Bhubaneshwar (AsiaNews) - Desta perplessità il rapporto provvisorio sui pogrom anti-cristiani del Kandhamal, commissionato dal governo dell’Orissa. Il giudice S C Mohapatra, capo e unico membro della commissione investigativa del dipartimento degli Affari interni dello Stato, afferma che “le violenze nel Kandhamal fondano le loro radici profonde nella disputa per le terre, nel fenomeno delle conversioni e riconversioni e nel problema dei falsi documenti d’identità”.
 
Per molti membri della comunità cristiana del Kandhamal il rapporto provvisorio non fa altro che confermare l’interpretazione dei fatti già espressa da Mohapatra prima di iniziare le indagini. P. Mrutyunjay Digal, tesoriere dell’arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneswar, afferma che le 28 pagine del documento servono solo a “non far pagare il conto” ai movimenti radicali indù che hanno orchestrato le violenze.
 
Per il giudice i 90 morti, gli oltre 50mila rifugiati, le case e chiese bruciate sono motivate dal fatto che “i tribali sospettano che i Pano [termine usato in Orissa per indicare i dalit, ndr] abbiano ottenuto le loro terre in modo illegale”. L’accusa è che questi ultimi presentino documenti d’identità falsi in cui risulta ancora la loro appartenenza ai cosiddetti fuori casta pur essendosi convertiti al cristianesimo e per questo esclusi dalle quote di terreno riservate ai dalit.
 
Il giudice ha annunciato che “ci vorranno ancora due anni per completare il lavoro” ed ha aggiunto che il rapporto provvisorio non comporta la condanna di nessun colpevole.
 
Davanti alle dichiarazioni di Mohapatra, mons. Rapheel Cheenath, arcivescovo di Cuttack - Bhubaneshwar, afferma ad AsiaNews: “ È evidente che il giudice ha tutta la libertà di fare ciò che meglio crede, ma viene da chiedersi perché abbia deciso di pubblicare questo rapporto provvisorio che non era previsto e come abbia intenzione di utilizzare i due anni di cui parla”.
 
Mons. Cheenath ricorda che “la Chiesa è una vittima delle violenze, ma nonostante questo sono stato sentito una sola volta dal giudici e da quando sono stato nominato vescovo non mi è stato più chiesto niente”. Né lui, né la comunità cristiana sono stati consultati per la pubblicazione del rapporto provvisorio “e questo - afferma Cheenath - è come essere vittime una seconda volta”.
Per il vescovo di Bhubaneshwar le indagini svolte in questo modo rischiano di tramutarsi in “una perdita di tempo” e di giustificare “la penosa tendenza ad evitare di fare in nomi dei colpevoli e arrestarli subito”. “La popolazione dell’Orissa sa bene chi sono gli aggressori - aggiungeva allora il vescovo - e non è certo un segreto. Ciò che serve non è un’indagine per conoscere meglio la verità. Serve invece l’intenzione politica di attuare ciò che dice la Costituzione dell’India e la legge”.