Arrestati nove cristiani accusati di proselitismo
Studenti musulmani della University Putra Malaysia (Upm) affermano che il gruppo distribuiva volantini sul cristianesimo. La vicenda sembra legata alla polemica per un articolo di due giornalisti musulmani che si sono finti cattolici, partecipato a due messe e fatto la comunione, per verificare se nelle funzioni avvengono conversioni forzate.
Kuala Lumpur (AsiaNews) - Nove cristiani sono stati arrestati con l’accusa di voler convertire alcuni studenti musulmani della University Putra Malaysia (Upm), a Serdang, nei pressi della capitale Kuala Lumpur.
 
Annou Xavier, avvocato difensore degli arrestati, afferma che a sporgere denuncia sono stati cinque studenti musulmani che hanno accusato i nove, due dei quali sono studenti dell’Upm, di distribuire volantini e opuscoli sul cristianesimo. In Malaysia il proselitismo è proibito per legge e nella maggior parte dei distretti è punito con la prigione.
 
La vicenda della University Putra Malaysia giunge in un momento di tensioni fra la comunità musulmana e quella cristiana, che nelle sue diverse confessioni raccoglie poco meno di 2 dei 28milioni di abitanti della Malaysia, per due terzi musulmani. L’8 luglio due cattolici hanno denunciato il mensile Al-Islam per un reportage dedicato a presunte conversioni forzate al cristianesimo. Due giornalisti musulmani si sono finti cattolici, hanno partecipato a due messe e ricevuto la comunione dissacrando di fatto l’ostia di cui hanno anche pubblicato un immagine. I due non hanno raccolto prove a sostegno della loro tesi, ma accusano i cattolici di usare la parola Allah per definire Dio durante le celebrazioni in lingua locale.
 
Interpellato da AsiaNews, p. Lawrence Andrew, direttore dell’Herald, la rivista cattolica della diocesi di Kuala Lumpur, afferma che la vicenda di Al-islam “ha umiliato i cattolici della Malaysia ed è una violazione dei diritti dei cristiani oltre che una sfida alla Costituzione federale che afferma la libertà di religione”.
 
P. Lawrence lega l’articolo del mensile musulmano alla vicenda che vede protagonista l’Herald. Da più di un anno il settimanale è alle prese con una vicenda giudiziaria in cui ha chiamato in giudizio il governo che vieta l’uso della parola “Allah” nelle pubblicazioni cattoliche in lingua malay. Il sacerdote e direttore fa notare che venerdì 17 è prevista una nuova seduta del processo e ribadisce la posizione della Chiesa locale: “Nel 1641 l’allora Congregazione di Propaganda fide pubblicò un vocabolario latino-malay in cui si faceva questa traduzione. La Malaysia odierna è nata nel 1957. Da sempre le celebrazioni in malay usano Allah per dire Dio, perché la parola viene tradotta nelle diverse lingue in cui viene recitata la messa”.