Mezzo milione di fedeli alla Madonna di Madhu per chiedere pace e riconciliazione in Sri Lanka
di Melani Manel Perera
Ultimi preparativi per il pellegrinaggio al santuario. La tradizione dura da 400 anni e culminerà con la festa dell’Assunta, il 15 agosto. Per raggiungere la località i fedeli dovranno attraversare le zone in cui vivono centinaia di migliaia di profughi.
Colombo (AsiaNews) - In tutto lo Sri Lanka è iniziato il conto alla rovescia verso il grande pellegrinaggio nazionale a Nostra Signora di Madhu. Il governo assicurerà l’accoglienza dei 500 mila pellegrini attesi nel santuario che sorge a 220 chilometri a nord di Colombo. Soprattutto è garantita la sicurezza e il libero accesso nella zona, a lungo sotto il controllo delle Tigri Tamil. Il pellegrinaggio, che culmina il 15 agosto con la solennità dell’Assunta, potrà così riprendere dopo decenni di sospensioni dovute alla guerra tra esercito e ribelli.
 
Il governo di Colombo invita anche i fedeli a rendere omaggio ai soldati che hanno riconsegnato loro la libertà di celebrare senza paura la festa che dura da quasi 400 anni. Tra i pellegrini che si apprestano a visitare Nostra Signora di Madhu ci sono cattolici e non. Per loro quest’anno i festeggiamenti non possono ignorare le centinaia di rifugiati del nord che ancora vivono nei campi profughi. Il pellegrinaggio sarà l’occasione per chiedere alla Madonna la riconciliazione del Paese, la pacifica convivenza tra etnia singalese e tamil ed il ritorno dei profughi nelle loro case.
 
P. Lasantha De Abrew, gesuita che lavora per il Lanka centre for Social concern, spiega ad AsiaNews che “i pellegrini provenienti da sud, per raggiungere il santuario dovranno attraversare la zona di Cheddikulam dove oggi sono raccolti centinaia di migliaia di profughi. Sono tutti abitanti del nord e alcuni sono devoti a Nostra Signora di Madhu. Autobus, macchine e camion percorreranno le strade che attraversano la zona e tutti dovremo ricordare le sofferenze dei nostri fratelli in Cristo che vivono nei campi profughi”.
 
Il sacerdote gesuita ha visitato di recente i centri di Vavuniya e Cheddikulam. Racconta che l’emergenza per i cosiddetti Internally displaced persons (IDPs) prosegue e si aggrava. “Continua a mancare l’acqua potabile, ci sono pochissimi bagni e si stanno diffondendo l’itterizia e la varicella”. P. Lasantha spiega che gli IDPs vivono in condizioni estreme: “I centri di accoglienza sono costruiti a casaccio. La gente non ha rapporto con l’esterno: può incontrare i parenti solo per pochi minuti, andando sui bordi dei campi e parlando attraverso le barriere di filo spinato”.
 
P. Lasantha dice che “ogni giorno muoiono tra le 6 e le 8 persone e sono centinaia quelle che quotidianamente devono essere trasportate all’ospedale di Vavuniya per curare malattie e disturbi ormai in forma acuta o cronica”. Ma aggiunge: “La più grande sofferenza per gli IDPs che non sanno se torneranno mai nelle loro case. Hanno perso la speranza”.
 
Tra i rifugiati ci sono anche sei preti ed una suora. Il sacerdote gesuita ne ricorda i nomi: “Sono gli Oblati di Maria Immacolata, p. Alfred e p. Reginald; p. Neru della diocesi di Mannar, p. Mariyadas, p. Amalraj e p. Stephen della diocesi di Jaffna; e con loro c’è anche suor Rubharani”.
 
In vista dell’oramai prossimo pellegrinaggio, p. Lasantha afferma: “Il 15 agosto, le sofferenze, i pianti ed i lutti dei rifugiati del nord si uniranno alle preghiere della gente del sud a Nostra Signora di Madhu”.