La rivoluzione giovane e “assassina” delle elezioni giapponesi
di Pino Cazzaniga
Il Partito democratico ha oltre il 60% dei seggi alla Camera bassa. Ha vinto puntando sui giovani e le donne che hanno sostituito i “baroni” della politica tradizionale. Per i liberali, perdenti, è tempo di revisione. Grande Taro Aso. Il nuovo Partito punta sulla persona e sulla fraternità, ma alcune promesse sono difficili da mantenere a causa della crisi economica.

Tokyo (AsiaNews) - La schiacciante vittoria del Partito democratico del Giappone (Dpj) nelle elezioni del 30 agosto che ha ottenuto più dei due terzi dei seggi della Camera bassa ha fatto notizia in tutto il mondo. Ma è impressionante anche l’enorme disfatta del partito liberal-democratico (Ldp), che, dopo un governo ininterrotto di oltre mezzo secolo, va all’opposizione con soli 109 seggi.

“Rivoluzione incruenta”, “vittoria storica” del partito di opposizione sono le espressioni usate dai media per indicare l’eccezionalità del risultato di queste elezioni.

Avvenimento storico

L’avvenimento è storico per tre motivi. Anzitutto, è la prima volta, dopo la guerra, che un partito da solo guadagna nella Camera bassa 308 seggi su 480 (il 64,2%). Secondo, il popolo giapponese, sia nelle città che nelle provincie, ha mostrato una grande maturità democratica Il successo del Dpj, partito fondato solo nel 1998 , è dovuto principalmente al desiderio di cambiamento da parte del popolo, scontento dall’inefficienza del Ldp, più che ammiratore del Dpj. Da un’inchiesta del quotidiano Asahi risulta, con sorpresa, che il sostegno del pubblico per molte proposte del Dpj è basso. Per esempio l’83% degli intervistati ha espresso ansietà a riguardo della politica economica indicata dal partito vincente.

Infine, sembra terminato il sistema dei "candidati ereditari". Nei decenni del dopoguerra molti candidati per le elezioni erano figli o nipoti di parlamentari. Il tramonto del tacito sistema è iniziato nel 2005 quando il primo ministro Ichiro Koizumi, per ottenere l’approvazione del suo progetto di riforma e punire i parlamentari “ribelli” del suo partito (Ldp) che l’osteggiavano, ha indetto elezioni sostituendo ai parlamentari ribelli giovani candidati di sua scelta, che hanno vinto. I quali sono stati chiamati “gli assassini” dai quei “pesi massimi” del Ldp, ai quali Koizumi, che era anche presidente del partito, aveva negato la candidatura.

La stessa tattica e’ stata usata da Ichiro Ozawa, già presidente del Dpj, e ora organizzatore della politica elettorale. Egli ha presentato 158 nuovi candidati, tra cui 54 donne, che, essendo promotrici del cambiamento, hanno sconfitto grossi rappresentanti dell’Ldp nel rispettivo seggio elettorale. Anche in questo caso i baroni sconfitti le hanno chiamate “le assassine” o ironicamente “il gruppo delle principesse”. Ma il parlamento si è ringiovanito e ha cambiato volto.

Purificazione e cooperazione

Il primo ministro Taro Aso, in quanto presidente del partito liberal-democratico (Ldp), ha accettato con umiltà la sconfitta, ne ha assunto la responsabilità e si è dimesso dalla presidenza. Poi si è poi congratulato con il partito vincente e ha promesso collaborazione da parte del suo. Anche questo è un fatto nuovo.

Parlando al canale NHK (la televisione nazionale) ha detto “Il nostro partito deve tenere al più presto elezioni interne per scegliere una nuova leadership e iniziare un nuovo cammino. Mi assumo il biasimo per la sconfitta”. Gli ha fatto eco Hiroyuki Hosoda, segretario del partito, anch’egli dimissionario, con altri esecutivi, dicendo in pubblico che il partito “accetterà solennemente” la sconfitta e ha chiesto scusa agli elettori.

Rinnovamento del sistema triangolare

Spezzare il “triangolo di ferro” cioè l’alleanza tra il gruppo dirigente del Ldp, la burocrazia e l’industria è stato uno degli slogan della propaganda elettorale del Dpj. Ma il giorno dopo le elezioni politiche per il rinnovo della Camera molti ufficiali governativi, che lavorano a Kasumigaseki, il quartiere generale della burocrazia, non hanno mostrato né sorpresa, né sgomento.

Essi sanno che, al di là delle espressioni retoriche, la critica alla burocrazia non era rivolta al sistema in sé ma al modo in cui è stato usato. Alla testa dei vari ministeri non c’era il ministro corrispondente ma il burocrate di più alto grado che in colloquio segreto con i vertici del Ldp e i capi dell’industria preparava la linea politica da seguire. Ma a parte questo maneggio, la burocrazia in Giappone compie da sempre un lavoro eccellente.

In un’ intervista, appena dopo le elezioni, un alto ufficiale del ministero della finanza, il più importante, ha risposto con calma: “È come quando si cambia il presidente di una ditta. Tutto quello che noi dobbiamo fare è seguire la policy del nuovo capo”. È come se avesse detto: Un conto è la direzione da prendere e un altro è guidare bene una macchina efficiente, necessaria per arrivare alla meta.

Hatoyama, che il 16 settembre sarà eletto primo ministro al Parlamentosi guarderà bene dal sottovalutare l’importanza della burocrazia. Il dialogo strutturale tra mondo economico, burocrazia e governo rimarrà, ma la finalità della collaborazione sarà indicata dal primo ministro e dal parlamento.

Per questo il presidente del Dpj ha già scelto 100 parlamentari ai quali sarà affidato l’incarico di controllare la burocrazia

Economia e politica a servizio della persona

La maggioranza degli elettori ha scelto il Dpj perché nel manifesto del partito si dà importanza alla persona. Lo ha ricordato Hatoyama anche a vittoria ottenuta. “Dobbiamo ritornare al concetto di fraternità, ha detto, per correggere il fondamentalismo del mercato” e ha invitato a impegnarsi per “una politica che rigenera i rapporti interpersonali, tiene in gran conto la natura e l’ambiente, ricostituisce il sistema sanitario e assistenziale, si impegna per l’educazione e lo sviluppo dei bambini e affronta il problema delle disuguaglianze sociali”.

Non sarà un compito semplice nella difficile situazione economica del Giappone di oggi. La promessa di collaborazione da parte dello sconfitto Ldp, la coalizione con il partito socialista (Sdj), e l’impegno del partito comunista (Pcj) di essere “un partito di opposizione costruttiva” sono segni di buon auspicio.