Ong pakistana: collusione fra polizia ed estremisti all'origine degli omicidi in carcere
di Fareed Khan
Un comitato per i diritti umani denuncia “violenze in continua crescita” contro le minoranze religiose. I fanatici agiscono impuniti, grazie alla connivenza delle guardie carcerarie. Sotto accusa il governo, che non ha mai punito gli autori dei crimini. La polizia non apre il fascicolo di indagine sull’omicidio in carcere del 20enne cristiano a Sialkot.
Lahore (AsiaNews) – Grande preoccupazione per le “violenze in continua crescita” negli ultimi mesi contro le minoranze religiose – in special modo i cristiani  – e “la collusione” fra “funzionari di polizia e guardie carcerarie" con “fanatici ed estremisti”. È quanto denuncia il Joint Action Committee for People’s Rights (Jac), organizzazione non governativa pakistana che si batte per i diritti umani nel Paese.  
 
Gli attivisti di Jac sottolineano che le violenze anti-cristiane a Gojra, a inizio agosto, e l’omicidio in carcere del giovane a Sialkot mostrano “lo scarso impegno profuso dal governo” a tutela dei non-musulmani. Nel caso della morte di Robert Fanish Masih emerge anche “un coinvolgimento delle guardie carcerarie”.  
 
Testimoni oculari confermano che “i segni di tortura” presenti sul corpo del 20enne cristiano “smentiscono la versione” fornita dai responsabili del carcere, secondo i quali egli si sarebbe suicidato. Il padre di Fanish (nella foto: i funerali) ha sollevato una denuncia formale di reato contro i responsabili della prigione, ma la polizia non ha ancora aperto il fascicolo di inchiesta.
 
“L’omicidio di Fanish – continuano gli attivisti – non è un incidente isolato. In tutti questi casi di presunti suicidi avvenuti in cella, prove evidenti mostrano che le vittime sono state uccise da fanatici, con la collusione delle guardie carcerarie”. Gi attivisti di Jac lanciano accuse precise al governo, che in passato non ha mai svolto “indagini chiare e approfondite” nei casi di morte in galera, che potevano servire “come deterrente per il futuro”.
 
I membri della ong pakistana chiedono infine “indagini trasparenti” sulla morte del giovane cristiano e rinnovano l’invito al governo per “l’abrogazione della legge sulla blasfemia”, pretesto utilizzato dai fondamentalisti islamici per colpire i cittadini, in particolare le minoranze religiose. Una lotta che va di pari passo con lo sradicamento delle “frange estremiste fuorilegge”.