Hanoi non restituirà alla Chiesa, né al Vaticano, i terreni presi dallo Stato
Lo ha dichiarato il primo ministro Nguyên Tân Dung. Stupiscono le affermazioni del premier non solo perché la Santa Sede non ha mai avanzato rivendicazioni, ma anche perché sembrava che il Vietnam stesse ripensando la sua politica su tali beni.
Hanoi (AsiaNews/EdA) – Il governo vietnamita non restituirà alla Chiesa cattolica, né al Vaticano i terreni presi dallo Stato nel 1954, al momento dell’istaurazione del regime comunista nel nord del Paese. L’ha dichiarato il primo ministro Nguyên Tân Dung, intervistato il 18 settembre a Budapest da Voice of America (VOA, emissione in vietnamita).
 
La dichiarazione del premier, delle quali dà notizia Eglises d’Asie, chiama direttamente in causa “il Vaticano”. Questo Stato, ha affermato, non può rivendicare alcuna proprietà in territorio vietnamita. C’è da osservare che da Roma non sono mai state avanzate rivendicazioni su terreni. Neppure per il complesso della ex delegazione apostolica di Hanoi (nella foto), per il quale si affermava la proprietà della diocesi, che lo aveva prestato alla Santa Sede.
 
Nell’intervista, il Primo ministro ha dichiarato che il suo governo non cederà ad alcun tipo di pressioni, comprese quelle del Vaticano. “Il Vietnam è una nazione indipendente, che gode di piena sovranità, con uno Stato di diritto. Tutte le attività dei cittadini vietnamiti e delle organizzazioni religiose devono svolgersi secondo la Costituzione e la legislazione del Paese”. “Deve essere così anche per le attività che riguardano beni religiosi”.
 ”Tengo a dirlo chiaramente – ha sottolineato – in Vietnam non ci sono proprietà del Vaticano. Sul territorio vietnamita i terreni appartengono solo a questo Paese, al suo popolo, ai suoi cittadini, al suo Stato. Non esoste alcuna proprietà appartenente a una religione di un paese straniero, il Vaticano. Le rivendicazioni avanzate su ciò che viene chiamato ‘i beni del Vaticano’ sono immotivate, non conformi alla Costituzione e alla legislazione del nostro Paese”.  Stupiscono le affermazioni di Nguyên Tân Dung e non solo perché nessuna rivendicazioine è stata avanzata da Roma. In primo luogo, recentemente la stampa di regime aveva sostenuto che il Papa e i vescovi vietnamiti sostenevano senza riserve la politica del governo vietnamita ed erano scontenti dell’atteggiamento di quesi sacerdoti e laici impegnati nel movimento di protesta. In secondo luogo si è parlato che il capo dello Stato, Nguyên Minh Triet, nel corso di una visita in Italia, nel novembre o dicembre di quest’anno, avrebbe incontrato il Papa, allo scopo di far avanzare il processo mirante allo stabilimento di rapporti diplomatici tra la Santa Sede e il Vietnm.
 
Da rilevare, infine, che un documento del Ministero dell’edificazione (1878 / BXD-QLN) pubblicato il 4 settembre di quest’anno aveva fatto pensare che il governo si stesse orientando verso una revisione della sua politica sui beni della Chiesa. Vi si affermava che l’uso dei “beni di prigine religiosa” presentava una certa complessità e si chiedeva a un certo numero di province di fare un rapporto sullo stato attuale dell’utilizzo di tali beni.